L’ATALANTA CHE NON TI ASPETTI E IL TORO CHE HAI SEMPRE SPERATO


Atalanta e Torino si affidano ai giovani
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Torino, 08/11/2016 -


C’è una strana similitudine che lega l’Atalanta al Torino di oggi. Infatti, entrambe le squadre sognano stando con i piedi ben piantati in terra, ma con l’esempio recente di un Leicester che fa pensare alla favola. E, mentre gli orobici di mister Gasperini stanno costruendo una continuità di gioco e di risultati cui nessuno poteva aspettarsi, il Toro di Mihajlovic ha incarnato lo spirito di chi non s’accontenta mai. A dodici giornate dall’inizio di campionato la favola d’Oltremanica targata Leicester sembra essersi trasferita a Bergamo, se si pensa che l’Atalanta si trova al quarto posto in classifica con 22 punti , 19 gol fatti e 13 subiti. Da una parte Claudio Ranieri, prima accolto tra lo scetticismo dei tifosi del Leicester e poi osannato, e dall’altra  Gian Piero Gasperini, prima sulla graticola e a un passo dall’esonero, mentre adesso è visto come una sorta di eroe della provincia pallonara. Certo, l’equilibrio è un optional in questo mondo del calcio capace di osannarti e poi buttarti nella cenere. Fatto sta che i risultati sono quelli che parlano chiaro e non hanno bisogno di tante inutili parole. Ma la scelta di Gasperini di affidarsi ai giovani sconosciuti del vivaio bergamasco, ha del coraggioso. Qualcuno, infatti, lo ha definito un pazzo, ma il coraggio premia talvolta anche oltre i teorici rischi. E infatti, adesso l’Atalanta vince, convince, corre e gioca bene al calcio. Un calcio semplice, canonico nel suo esprimersi senza martellamenti tattici da rispettare fino all’ultimo respiro, ma con la sana voglia di divertirsi attraverso la lucida e giovanile freschezza fisica e mentale. Conti, Caldara, Kessiè, Papu Gomez, Petagna, per citarne qualcuno, rappresentano l’ossatura portante di un’Atalanta che oggi si fa rispettare da tutti. Qualcosa di simile riscontriamo nel Toro di Mihajlovic. Una squadra giovane e ben motivata, con i sacri valori della fame sportiva. E’ l’incarnazione dello spirito di chi non s’accontenta mai, neanche dopo avere messo a segno una lunga serie di gol e poi rallenta la morsa della concentrazione. Questo non è ammissibile nella squadra di Sinisa Mihajlovic che sbraita, si dimena, si agita in panchina anche quando la sua squadra vince 5 a 1 come è successo nella partita casalinga contro il Cagliari. E’ l’immagine di un Torino nuovo, pimpante, che già più volte abbiamo posto in analisi come squadra di grande forza d’urto nell’attaccare e attenta alle ripartenze degli avversari. Anche Mihajlovic, come Gasperini, si è affidato ai giovani con un minimo apporto di qualche elemento più esperto. Se dovessimo dire, oltre la continuità di risultati che spesso s’inceppa fuori casa, in questo Toro c’è da coprire il ruolo di difensore centrale che, con la partenza di Glik, sembrerebbe non essere stato rimpiazzato con l’attenzione che merita un ruolo così importante nell’economia del gioco di squadra. Ma su questo punto riteniamo che il presidente Cairo e Petrachi, stiano già lavorando per riparare l’insufficienza fin dal prossimo mercato di gennaio. A parte questo evidente punto debole dei granata, ci piace constatare un formidabile attacco e un centrocampo che finalmente si distingue come ottima miscela di tecnica e potenza a supporto di attacco e difesa. Quell’ago della bilancia che nel calcio resta pur sempre il punto nevralgico del gioco. Una necessità assoluta, quella di un buon centrocampo, senza la quale si rifletterebbe una squadra senz’anima. Ma dopo tanti anni d’attesa, finalmente questo Toro di Sinisa Mihajlovic l’anima ce l’ha: eccome se ce l’ha! E adesso che Belotti, Ljajic, Iago Falque, Zappacosta, Baselli, Benassi, Valdifiori, Barreca, Boyè, fanno la differenza con lo spirito grintoso ma anche intelligente voluto dal suo allenatore, bisogna lavorare ancora senza sedersi sugli allori, con la consapevolezza che c’è ancora molto da ottenere. Su tutti, l’equilibrio e la continuità di gioco e risultati anche fuori casa. E poi i sostenitori granata potranno respirare un’aria nuova che sa di crescita, di autostima, di forza interiore che nasce da una gioventù di calciatori affamati di gloria. La stessa fame che ha la società, la dirigenza e tutto il popolo granata, che da troppi anni ormai ha vissuto la sua grande storia, nell’immeritata opacità di una sostanza apparsa sempre effimera. Sarà l’anno giusto per rientrare in Europa? Noi pensiamo di sì. Ci sono tutti i presupposti.

Salvino Cavallaro    

Salvino Cavallaro