SAPER GESTIRE PAULO DYBALA


Il caso de la Joya
tempo: 26ms
RSS
Torino, 06/11/2017 -


L’arbitro di Juventus – Benevento si chiamava Abisso, ed è quello che avrebbe dovuto esserci alla vigilia tra le due squadre. Poi, sul campo, le cose sono andate diversamente. Altro che “abisso” tecnico, il Benevento ha fatto vedere le streghe alla Juve di Allegri, arrabbiato come non mai per la prestazione incolore della sua squadra. Al gol di Ciciretti su calcio di punizione (con barriera messa male in questa circostanza da Szczesny!)che ha portato il Benevento in vantaggio, la Juve ha reagito con mancanza di chiarezza di idee. E così si è trascinata verso un secondo tempo in cui ha sofferto non poco per vincere il match, prima con il gol liberatorio di Higuain e poi con il colpo di testa di Cuadrado su cross di Alex Sandro. Ma a parte l’analisi della partita che ha visto emergere dettagli per nulla trascurabili dal punto di vista della salute fisica e mentale dei bianconeri, ci sono molte riflessioni da fare. Una su tutte il momento di scadimento di forma di Paulo Dybala che richiede un’attenzione particolare. Fermo restando che l’argentino è per la Juve un valore tecnico ed economico da preservare con la massima cura, si devono necessariamente fare alcune considerazioni. Prima di tutto c’è da adoperarsi dal punto di vista psicologico su un ragazzo di 24 anni dall’indiscutibile talento, che improvvisamente ha perso una parte non indifferente di autostima. Dopo avere sbagliato alcuni calci di rigore che potevano essere determinanti per la classifica della Juve, adesso Dybala rinuncia pure a battere i calci di punizione (sua perla indiscutibile dell’agire). Tutto ciò fa pensare a una situazione mentale da ricostruire in fretta per il bene del ragazzo e della Juve stessa. E allora, come fare? Partendo dal presupposto che non tutti i calciatori sono uguali dal punto di vista caratteriale, è importante saper gestire simili situazioni con metodi diversificati che siano studiati ad hoc per il calciatore e quindi per la persona da recuperare. E, in queste occasioni, l’allenatore entra in ballo più come mentore che come effettivo riferimento di fatti tecnici e tattici. In buona sostanza Dybala dovrebbe essere preso con cura da Allegri e fargli capire che stare fuori dalla squadra titolare per qualche domenica, non è una punizione ma, al contrario, un modo per recuperare energie fisiche e mentali tali da farlo rinascere. Proprio in virtù di ciò che dicevamo pocanzi sulla diversa reattività caratteriale a momenti di non forma da parte dei giocatori, c’è da dire che con Higuain, ad esempio, il problema si è risolto facendolo giocare e aspettandolo con pazienza. In quel caso, bene ha fatto Allegri a insistere nel farlo giocare comunque anche se in chiare difficoltà di forma fisica e mentale. Il caso di Dybala a nostro avviso è diverso nel senso che si debba agire in maniera opposta per carattere diverso, per maturazione diversa, per anni anagrafici diversi e per percorsi professionali diversi. Mentre i 30 anni di Higuain parlano chiaro di una maturazione già avvenuta, i 24 anni di Paulo Dybala indicano ancora una condizione di saggezza calcistica e umana ancora da sviluppare. Fino a poche settimane fa si parlava di lui come il Messi della situazione con valutazioni di mercato iperboliche, poi la crisi che sembra sciogliere tutto come neve al sole. In questi casi è necessario l’equilibrio anche da parte di noi media, che troppe volte tendiamo a esaltare le indiscutibili qualità tecniche di questo o quel giocatore, senza valutare certe situazioni di personalità ancora da maturare. E’ il caso di Dybala, ragazzo dall’anima pulita, dal contratto economico davvero consistente e dal talento calcistico mai messo in discussione, ma che adesso deve essere seguito in un momento difficile della sua carriera. Come? L’abbiamo già detto. E’ il tecnico che in collaborazione con la società, deve gestire questo caso molto delicato. Il calcio non è solo pedata sopraffina, ma anche momenti di capacità di dialogo, di ascolto, di intendersi e capirsi per il bene di entrambi. Si lasci fuori squadra il buon Paulo per qualche settimana, nell’armonia di un gruppo che saprà stargli vicino assieme alla società. E al rientro rivedremo il campione che c’è in lui.

Salvino Cavallaro

Salvino Cavallaro