Nella sua prima uscita pubblica
da allenatore della Juventus, Maurizio
Sarri ha parlato da professionista e non certo da trascinatore di fede
juventina. Emozionato ma non troppo, l’ex coach di Napoli e Chelsea ha subito
messo in chiaro qual è stato il motivo per cui ha subito accettato di venire
alla Juve. “In 30 anni di panchina non
ho mai visto una società così determinata a prendere un allenatore. Questo mi
ha convinto a venire alla Juve, vedere una dirigenza così compatta nell’atteggiamento
e tanto determinata”, così esordisce Sarri nella sala stampa Gianni e
Umberto Agnelli dopo avere salutato i presenti, rendendosi disponibile a
rispondere alle domande dei colleghi giornalisti. Indossato per contratto la
divisa ufficiale di rappresentanza della Juve, il tecnico del bel gioco
continua a rispondere toccandosi l’orecchio, qualche volta la punta del naso
che intervalla a parole e qualche sorso d’acqua, giusto per rinfrescare l’ugola.
L’espressione è sempre la stessa, pochi sorrisi, occhiali che nascondono
sguardi talora interrogativi e seriosità nel dire con orgoglio da dove è
venuto, quali sono le sue radici professionali di ex allenatore dilettante
arrivato nell’olimpo del football a 60 anni. “Non passo dai dilettanti alla Juventus. Il mio è un percorso lungo e
fatto di passi. Sono arrivato al Chelsea, un grande club che chiaramente ha
meno storia della Juventus. Lo ritengo un passo avanti tra quelli fatti sempre gradualmente.
L’emozione è forte, ma non è quella di un allenatore appena arrivato dai dilettanti”. Sarri continua con apparente
sicurezza, dimostrando a tutti i presenti di essersi preparato a dovere per
questa giornata fitta di precise domande talora pure punzecchianti, ma che egli
avrebbe già previsto prima. Chiaro riferimento di chi, pur non conoscendo la nuova
piazza, ne ha già acquisito il sistema. A chi gli chiede quale disegno tattico
adotterà con la sua nuova squadra, risponde che si baserà esclusivamente sulle
caratteristiche tecniche dei tre o quattro giocatori che nella Juventus fanno
la differenza. Chiaro il riferimento a Cristiano
Ronaldo, Dybala, Pjanic (che deve toccare almeno 120 palloni per partita) Douglas Costa, mentre ha avuto
grandi parole di elogio per Federico
Bernardeschi, un calciatore che deve migliorare nelle continuità.
E poi si toccano i temi più
scottanti, ovvero quelli che arrivano da Napoli, che lo definiscono un
traditore: “Ho fatto un percorso a
Napoli, da cui sono uscito per scelta della società. Poi sono andato all’estero
e sono tornato con una società importante che mi ha voluto fortemente. Io penso
di aver dato nella vita il 110% rispettando tutti. E lo farò anche per questi
colori, può essere poco ma di più non posso fare. Penso siano scelte logiche,
senza romanzarci tanto sopra. Penso di avere rispettato tutti. Se mi
fischieranno in Napoli – Juventus? Comunque vada tra fischi o applausi, so che sarà
un gesto d’amore. Io uscirò dal campo volendogli bene, in un modo o nell’altro”. E lo scetticismo con cui
il popolo juventino lo accoglierà, come si supera? “Come ho fatto altrove, vincendo e convincendo! Andare in campo, fare risultato
e divertire. Sinceramente non vedo altre strade.” Insomma, tanto altro
ancora c’è stato in questa ora e mezza di conferenza stampa che ha visto Maurizio Sarri accanto a Fabio Paratici davanti a 200
giornalisti, con Andrea Agnelli e Pavel Nedved posti in prima fila e
molto attenti a ciò che si è detto. Ma la nostra idea è che il popolo juventino
debba vedere Maurizio Sarri come
tecnico, come professionista del bel gioco, come rivoluzionatore di culture
calcistiche basate sull’offensiva. Ma non si pretenda da lui l’anima
bianconera, il sentimento, perché la sua passione è altrove. L’ha detto con
apprezzabile correttezza di pensiero. Sarri tifa Napoli fin da bambino, poi è
diventato un professionista e come tale ha fatto la sua carriera nel rispetto
del suo lavoro. Quindi lo si giudichi per questo, lasciando perdere ogni
romanzo legato a sentimenti intrisi di ruggine e odio.
Salvino
Cavallaro
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