IL CALCIO CHE BRUCIA TUTTE LE SUE BANDIERE


Roma De Rossi
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07/11/2012 -

Quando nel calcio si parlava di “bandiere”, si faceva riferimento a giocatori rappresentativi che hanno fatto la storia dei club nei quali hanno militato. Era un segno di riconoscenza o, se vogliamo, di affetto reciproco tra calciatore, società e tifosi. E, pur nell’anacronistico pensiero legato a valori e sentimenti che non possono più concordare con le più ciniche esigenze del dio denaro che è sempre più ricco d’ingordigia, i tifosi di calcio contemporaneo restano pur sempre legati a pensieri di gelosia difficili da estirpare. Pensiamo dunque che, a parte qualche eccezione del passato, giocatori come Zidane, Ronaldo, Ibrahimovic, Thiago Silva, per citarne solo alcuni, hanno cambiato squadra sconvolgendo i propri tifosi ma non le società di appartenenza che ne hanno ricavato lauti guadagni. E, ciclicamente, in questo strano mondo pallonaro che non finisce mai di stupire per fatti e misfatti a esso legati, si ripresenta quel vecchio tema delle “bandiere”che, nell’immaginario collettivo si pensa ormai stantio, antiquato, ma che invece torna d’attualità nel colpire la sensibilità dei tifosi di calcio quando vengono toccati in prima persona. Daniele De Rossi centrocampista di grandi qualità tecniche e campione rappresentativo della Roma sembra in procinto di lasciare la sua squadra. Già quest’estate il giocatore giallorosso era stato in procinto di passare al Manchester City, ma poi non se ne fece nulla. Oggi, a pochi mesi da quel De Rossi pensiero, si riparla quasi con certezza della sua dipartita da Roma. “Molti si dimenticano che i manager hanno il compito di gestire i club, valutando tutte le opportunità che il mercato presenta. Se per De Rossi dovesse arrivare un’altra offerta interessante come quella sopraggiunta quest’estate, è nostro compito valutarla attentamente”. Queste sono parole chiare che non possono dare motivo a eventuali fraintendimenti, frasi pronunciate da Franco Baldini Direttore Generale della Roma. Se De Rossi, dunque, sarà richiesto con un congruo compenso di milioni di euro, la Roma non si opporrà sicuramente all’offerta. Tutto ciò ha gettato nel panico i tifosi giallorossi che nel loro dire accorato “Parte a gennaio” oppure “ Lo vogliono cedere”, frasi ripetute che si espandono a macchia d’olio nella capitale, dimenticano il pensiero, fino a ieri ritenuto remoto, della non più esistenza delle bandiere. Eppure, parlando di Daniele De Rossi, in casa giallorossa non si parla di un giocatore qualunque ma di un simbolo della Roma stessa, il giocatore destinato a ereditare la fascia di capitano dopo che Francesco Totti avrà deciso di chiudere la sua fulgida carriera. Vedremo cosa accadrà a gennaio durante il mercato invernale. Certo è che nel calcio come nella vita spesso facciamo lustro di modernità e adeguatezza alle vigenti regole di questo mondo contemporaneo ma, quando ci vengono a mancare certi modelli rappresentativi, cui eravamo legati da qualche tempo, stentiamo ad accettare ciò che pensavamo fosse anacronistico e diventiamo improvvisamente conservatori. Sappiamo che non è facile sradicare dalla forma mentis del tifoso un pensiero di gelosia verso il proprio campione rappresentativo, tuttavia, è necessario convincersi che le ferree leggi del mercato calcistico contemporaneo non ammettono più sentimenti legati a delusioni di tipo passionale. Quando un campione cambia squadra, talora suo malgrado, non lo fa con l’intenzione di tradire i suoi tifosi ma, più semplicemente, si adegua professionalmente ad un mondo che impone certe regole. Restano i piacevoli e indelebili ricordi e, quelli, non lo potrà cancellare nessuno. Neanche il misero dio denaro!

Salvino Cavallaro


Salvino Cavallaro