Tutti conoscono il film con Sylvester Stallone Fuga per la vittoria, in cui nel pieno della Seconda Guerra Mondiale una selezione di prigionieri di guerra (appunto, gli Alleati) gioca una partita contro la Nazionale tedesca a Parigi. Non tutti sanno invece che la pellicola è ispirata ad un fatto realmente accadut La Partita della morte, che si discosta per alcuni elementi dalla sceneggiatura del film.
E` il 9 agosto 1942. Siamo a Kiev. Il caldo è soffocante, e per le strade regna la desolazione: la città, occupata dai nazisti, è deserta. Solo lo stadio, lo Zenith, è gremito anche se perlopiù di poliziotti e ufficiali tedeschi. Si gioca la rivincita tra FC Start e Flakelf. Un mese prima lo Start, una squadra composta da calciatori della Dinamo Kiev e della Lokomotiv Kiev ridotti in stato di prigionia, aveva umiliato gli avversari, una selezione di ufficiali della Luftwaffe, battendoli per 5-1. I nazisti, che dello sport fanno uno dei maggiori strumenti di propaganda non ci stanno e sono determinati a vincere utilizzando qualsiasi mezzo, leale o no. Per essere maggiormente sicuri di evitare un`altra debacle, viene designato come arbitro un ufficiale delle SS.
Il giorno della gara i tedeschi hanno a disposizione gli spogliatoi dello stadio, riservando agli avversari una baracca. Gli ucraini, che lavorano in un panificio sopportando turni di lavoro massacranti e una dieta debilitante, indossano le loro casacche, nere con inserti rossi, che il portiere e capitano Trusevic si è procurato. L`estremo difensore tiene bene in mente una frase che pronuncia distribuendo le maglie ai compagni: Non abbiamo armi, ma possiamo combattere per la vittoria in campo. Indosseremo questo colore, il colore della nostra bandiera: i fascisti devono imparare che questo colore non si piegherà. Tuttavia i giocatori dello Start sanno di essere obbligati a perdere. Dopotutto a comandare sono i tedeschi, e a chi comanda non piace essere battuto da chi è sottomesso.
Ad un certo punto entra l`arbitro nella baracca-spogliatoio. Raccomanda ai prigionieri di fare il saluto nazista al momento della presentazione delle squadre. La formazione dello Start è formata da Trusevic, Sviridovskiy, Korotkikh, Klimenko, Tyutchev, Putistin, Kuzmenko e Goncharenko della Dinamo, e Balakin, Sukharev e Melnik della Lokomotiv. Tutto è pront le formazioni scendono in campo. La presentazione alle autorità e il saluto al Fuhrer. Inaspettatamente, però, anziché gridare Heil Hitler, i calciatori dello Start urlano Fitzcult Hurà!, il saluto sportivo sovietico. Comincia la partita. Il Flakelf passa in vantaggio approfittando dell`infortunio temporaneo di Trusevic, stordito da una botta in testa. Lo Start rimonta e dilaga con Goncharenko: il primo tempo finisce 3-1. La situazione si mette male per i tedeschi, così durante l`intervallo un ufficiale nazista entra nello spogliatoio degli ucraini con un interprete, e fa capire chiaramente che la partita deve vincerla il Flakelf: Siamo veramente impressionati dalla vostra abilità calcistica e abbiamo ammirato il vostro gioco del primo tempo. Ora però dovete capire che non potete sperare di vincere. Prima di tornare in campo, prendetevi un minuto per pensare alle conseguenze. Poche parole, ma chiare.
Alla ripresa del match la formazione della Luftwaffe segna due reti, portandosi in parità. Ma l`orgoglio patriottico dei calciatori dello Start prende il sopravvento: una classe sopraffina annulla i tedeschi, che vengono sotterrati da due gol: 5-3. Manca poco alla fine. Il difensore Klimenko prende palla a metà campo. Dribbla tutta la difesa tedesca. Ha davanti a sé solo il portiere. Dribbla anche lui e corre verso la porta per insaccare. Ad un certo punto si ferma, appena sulla linea. Guarda compagni ed avversari, sbigottiti. Calcia il pallone a metà campo, come a trasformare il prigioniero in dominatore che risparmia pietosamente il vinto.
L`arbitro fischia la fine: è un tripudio di gioia per lo Start, che viene rimpiazzata dalla consapevolezza di aver appena firmato la propria condanna a morte: poche settimane dopo Korotkikh, attaccante, venne arrestato e ucciso dalla Gestapo dopo giorni di torture. Subiscono la sua stessa fine Trusevic che prima di essere fucilato urla Lo sport rosso non morirà mai, e tutti gli altri componenti della squadra, massacrati per strada o in un campo di concentramento. Solo due rimangono in vita: Sviridovskiy e Goncharenko. Oggi la partita della morte è storia. Storia di sangue e onore sportivo, incorruttibilità e attaccamento alla maglia a costo della morte. In onore degli eroi di Kiev oggi allo Stadio Lobanovskiy è presente una scultura. Una poesia è stata composta per ricordare le vittime di quel 9 agosto:
Per il nostro presente
sono morti nella lotta
la vostra gloria non si spegnerà,
eroi, atleti senza paura.
Stefan Olyjnyk
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