CICLISMO, ARMSTRONG: QUANDO UN UOMO PERDE LA PROPRIA DIGNITÀ


Ciclismo
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19/01/2013 -

“Quello che dite di mio padre non è vero”. A parlare è Luke di 13 anni, il figlio più grande di Lance Armstrong, 42 anni, campione di ciclismo che tutto vinceva, ma non è riuscito a vincere lui stesso. Una salita troppo ripida, quella di dovere continuare a mentire alla sua coscienza di fronte ai suoi affetti più cari, una scalata impossibile che lo ha visto mollare e fallire una corsa che tante volte gli ha dato la fama e l’immagine falsa di campione impossibile da battere. Ho visto ieri sera l’intervista televisiva fatta ad Armstrong da parte di Oprah Winfrey e devo dire che sono stato assalito da mille riflessioni. Il ciclismo è stato considerato da sempre uno sport durissimo, capace di mettere a nudo le forze dell’uomo che, al limite delle proprie possibilità psicofisiche si rifugia inevitabilmente nel doping. Troppi i casi che hanno fatto scalpore, troppe le tentazioni di vincere in maniera falsa, ingannevole, fuori da ogni etica morale. Il campione texano aveva bisogno di svuotare il sacco pubblicamente, doveva chiedere scusa al proprio “io” anteriore, ai suoi affetti più cari e al mondo intero. E, dietro al “bullo computer”, campione cinico e inamovibile che conoscevamo, abbiamo individuato che c’è anche un barlume d’uomo che si manifesta quando si è commosso parlando dei suoi figli. Una vicenda che ferisce la sensibilità di chi ha creduto in lui per anni, quale campione dalla forza incredibile e fuori da ogni normalità. Ma arriva sempre il momento in cui un uomo deve fare i conti con se stesso e la propria fragilità. Cadere nella tentazione di doparsi è spesso diventata “norma”, soprattutto nel ciclismo, sport che richiede straordinarie forze fisiche che quasi sempre un atleta “normale” non può fornire da solo senza l’aiuto del doping. “ Epo, trasfusioni e cortisone, era come riempire le borracce. Mi dopavo prima del cancro e negli anni delle vittorie in Francia. Ora sono più felice di prima”. Armstrong ha vinto 7 Tour in questa maniera, ingannando il mondo, i suoi fan, la sua famiglia (non sua moglie che sapeva tutto), insomma una vita di successi ottenuti con il tradimento. Ma cosa scatta nell’uomo quando decide di vincere a tutti i costi per denaro, ricchezza, fama. Cos’è che distrugge in un attimo quel senso di onestà interiore che spesso fa vacillare i valori dell’uomo? Mi rendo conto che entriamo in un campo difficile, dove gran parte delle risposte si racchiudono nel recondito talora sommerso dell’animo umano. Ma il ciclismo e i suoi organizzatori devono in qualche modo studiare tempi e metodologie diverse dalle attuali. Si potrebbe pensare ad esempio a tappe meno lunghe, a percorsi meno difficili, a scalate di montagna meno ripide. Insomma, un qualcosa che possa in qualche modo soddisfare ugualmente i fan di questo sport, tentando meno la tentazione del ciclista a doparsi per sostenere la fatica e vincere. Potrebbe essere un’idea. Certamente, questo potrebbe aiutare chi, in tutta onestà, vuole mettere alla prova tutte le proprie forze fisiche e mentali senza l’ausilio di sostanze dopanti. Ma anche in questo caso, l’uomo atleta riuscirebbe a rendere conto della sua coscienza senza volere strafare per essere meglio degli altri, arrivare primo, guadagnare fama, riflettori accesi e soldi a palate, senza fare i conti anticipatamente con la propria coscienza?

Salvino Cavallaro                   

 

 

 

 


 

Salvino Cavallaro