JUVENTUS-INTER, THE DAY AFTER: TERMINA L`IMBATTIBILITÀ DEI BIANCONERI


Salvino Cavallaro giornalista iscritto all`Ordine Regionale del Piemonte. Nasce a Milazzo (Me) ma ormai da anni vive e lavora a Torino. Ha collaborato con le redazioni di Sprint & Sport, Piemonte Sportivo, Torino Sera, La Nuova Metropoli, Arte & Dintorni, Stadio Goal. Attualmente, scrive per il Palio dei Quartieri News di Torino e collabora con IlCalcio24. In questi ultimi anni ha scoperto il fascino discreto della letteratura ed ha pubblicato il libro Quello che ho scritto, pensato e pubblicatoe Tra interviste e altroedito da Progetto Immagine. Contatti: salvinocavallaro@libero.it
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04/11/2012 -

Facendo ricorso ai sempre più rari concetti di lealtà e di onestà intellettuale espressi solo occasionalmente dallo sport contemporaneo, pensiamo che, dopo le furibonde polemiche che hanno fatto seguito alla partita Catania – Juventus,  neanche al più irriducibile tifoso juventino sarebbe piaciuto vincere contro l’Inter per 1 a 0 con un gol segnato in netta posizione di fuorigioco. Da un’attenta disamina della partita vista sabato sera allo Juventus Stadium, che ha decretato la vittoria dell’Inter sulla Juve per 3 a 1, notiamo che sono emersi preponderanti due gravi lacune bianconere: una di carattere tecnico e l’altra di natura psicologica. A prescindere dall’ennesimo errore arbitrale che per fatalità ha ancora favorito in maniera dannosa la Juventus per buona parte del primo tempo, si è resa evidente per la Juve stessa, la difficoltà di chiudere la partita (e quindi di fare gol) che, nelle ultime partite, ha dato gravi segni premonitori di una patologia realizzatrice mai curata a fondo. L’altra lacuna è di natura psicologica. Sì, perché la Juve, nonostante la volontà assoluta di non perdere il derby d’Italia proprio contro l’acerrima avversaria di sempre, si è messa in un latente stato di angoscia che ha finito per penalizzarla nelle idee e nel gioco. Era chiaro che, prima o poi, la Juve dovesse perdere la sua imbattibilità durata per ben 49 partite utili consecutive, ma cadere in questa maniera, nel suo bellissimo stadio, tra la sua gente, non poteva essere ammesso neanche attraverso i più orripilanti incubi bianconeri.

Ma il calcio è questo, bello e impossibile, capace di farci riflettere che al pari della vita nulla è per sempre, importante è sapere accettare la realtà e ripartire a testa alta. L’Inter di Stramaccioni, presentatasi caparbiamente con tre punte, è venuta a Torino nel chiaro intento di fare lo sgambetto alla Juve dei record. Ebbene, c’è riuscita in maniera egregia, non solo perché è stata superiore nel gioco e nel carattere ma, soprattutto, perché non ha perso la testa dopo un inizio così sconvolgente che avrebbe messo ko qualsiasi squadra. Prendere un gol a freddo e oltretutto in fuorigioco di un metro proprio a 30 secondi dall’inizio della gara, pensiamo che dal punto di vista nervoso avrebbe messo in ginocchio chiunque. L’Inter, invece, nonostante le naturali e legittime proteste che si sono protratte durante tutto l’arco del primo tempo, si è rimboccata le maniche pazientemente, ricucendo una matassa davvero difficile da sbrogliare. Un esame di maturità che l’Inter ha superato con pieno merito. Adesso il suo cammino si tinge di rosa e, anche se appena all’inizio, riteniamo che debba procedere con la necessaria umiltà per continuare su questa strada che, a nostro parere, la porterà ancora più in alto. La Juve, questa Juve, non può più aspettare. La squadra nel suo complesso ha supportato per tutto l’arco dello scorso campionato e parte di quello in corso, la grave lacuna di non avere un top player, un giocatore (e forse due) che potesse fare la differenza finalizzando il grande volume di gioco espresso dalla squadra. A nostro parere la società bianconera ha aspettato troppo e, pur avendo da molto tempo evidenziato l’importanza di avere un attaccante di qualità che non ha, non si è mossa sul mercato con la necessaria caparbietà e tempestività, adottando un sistema di attesa che non poteva certo premiarla a lungo nella sostanza dei risultati. L’anno scorso la Juve aveva l’obbligo di risorgere dalle ceneri. Ebbene, ha superato l’esame a pieni voti vincendo lo scudetto e fallendo solo in finale la conquista della Coppa Italia contro il Napoli. Ma, non dimentichiamocelo, la Vecchia Signora era chiamata ad assolvere il suo compito solo in campo nazionale.

Quest’anno si è aggiunta la tanto sospirata partecipazione alla Champions League, ed era assolutamente impensabile che potesse andare avanti vincendo sempre tutto con gli stessi giocatori che, tra l’altro, sono chiamati a rispondere anche  alle convocazioni delle rispettive nazionali. In attacco la Juve le ha provate tutte. Vucinic che punta vera non è, alterna partita di alto livello ad altre mediocri e talvolta anche scadenti ma, d’altra parte, lui è sempre stato così anche quando giocava con la Roma. Giovinco che, altra punta non è, appare spesso fuori dal vivo del gioco pur con la buona volontà di fare movimento con palla al piede o senza, cercando di  superare in dribbling l’avversario: ma, alla fine, è spesso evanescente nell’intestardirsi e produrre azioni personali fini a se stesse. Quagliarella e Matri, uniche vere punte di ruolo, sono scomparsi dalla scena. Conte li ha provati più volte alternativamente, ma sono state più ombre che luci. Poi Bendtner, un danese quasi sconosciuto che, onestamente, sembra più adatto a livelli di calcio inferiore. Con tutto il rispetto per questo ragazzo che non ha colpa alcuna, riteniamo che tecnicamente non possa avere la pretesa di giocare titolare in una Juventus che ambisce a grandi traguardi. E quindi, riepilogando ciò che ci ha suggerito tecnicamente e tatticamente l’attesissimo derby d’Italia, possiamo dedurre concretamente che l’Inter ha larghi margini di miglioramento, mentre la Juve, che era già migliorata fin dall’anno scorso, deve assolutamente riprendere con vigoria fisica, mentale e con l’aiuto di giocatori nuovi e soprattutto determinanti in attacco, quel cammino già iniziato in maniera eccelsa per 49 partite. Pensiamo anche che il giovane Pogba, (grande acquisto il suo), debba trovare presto spazio. Lui è una bella e fresca realtà della Juve di oggi, per questo Conte deve necessariamente trovare il modo di inserirlo nello scacchiere del suo centrocampo non soltanto nel ruolo di vice Pirlo. E, mentre Massimo Moratti gioisce giustamente perché la sua Inter ha vinto il confronto contro l’acerrima rivale di sempre, si congratula con se stesso per avere azzeccato la scelta di un allenatore giovane e capace di promuovere il progetto nerazzurro. E, nell’Italia in cui manca la cultura della sconfitta, pensiamo che sarebbe idealmente bello che, una volta tanto, juventini e nerazzurri si stringessero la mano ammettendo (almeno per questa partita) la superiorità dell’Inter che ha prevalso sulla Juve. Fantascienza? Forse, ma il calcio che è fenomeno culturale e di aggregazione sociale, ha bisogno di certi gesti esemplari capaci di stemperare in qualche misura l’assurda cultura dell’odio.

Salvino Cavallaro


Salvino Cavallaro