11 milioni di euro netti a stagione che passano in secondo piano per altri mille motivi, alcuni comprensibili e altri assolutamente oscuri che fanno parte del personaggio. Siamo all'ennesimo teatrino del Conte pensiero, una sorta di tormento continuo che s'innesca in questo allenatore eternamente insoddisfatto per non arrivare prima degli altri. Un Antonio Conte che fa pensare a tanti psicodrammi vissuti dal momento in cui ha scelto di fare l'allenatore, prima a Bari, poi a Siena, poi all'Atalanta, quindi alla Juve, in Nazionale, al Chelsea e adesso all'Inter. Sempre lo stesso atteggiamento, sempre lo stesso pretesto per incolpare qualcuno o qualcosa per giustificare l'eterna insoddisfazione che alberga in lui e gli fa perdere l'acume delle cose da gestire. La società che manca nel non comprare giocatori di primo livello, il responsabile della comunicazione che non ha saputo gestire l'immagine all'esterno della squadra e suo personale nella faccenda privata riguardante quella famosa pallottola intimidatoria che Conte ha ricevuto in una busta a casa sua, tutto è un problema insormontabile. E poi l'A.D. Beppe Marotta e Ausilio, forse chissà, rei di avere contattato Massimiliano Allegri quando i rapporti non erano più idilliaci come il giorno in cui si sono detti entusiasti di cominciare insieme un progetto nuovo. Ma col senno di poi possiamo dire che questo matrimonio no s'aveva da fare soprattutto in considerazione del fatto che Marotta conosce bene il carattere dell'imprevedibile Conte, capace di buttare tutto all'aria da un momento all'altro non appena qualcosa non va. La realtà è che Conte è un accentratore che non ammette di arrivare secondo e non scrivere la storia per la società in cui lavora, soprattutto quando sente la responsabilità di non avere centrato nessun obiettivo durante l'arco dell'anno. Secondo in campionato a un punto dalla Juve, secondo in Europa League dopo avere perso la finale contro il Siviglia e dopo avere fallito i gironi di Champions League, Coppa Italia compresa. La colpa? Sempre degli altri, con la presunzione di dire in società che cos'è giusto fare per vincere e cosa è sbagliato. E' un po' come dimenticare di stare al proprio posto e, semmai, proporsi con garbo nei momenti in cui il club ti coinvolge per migliorare la situazione tecnica della squadra. Ma questo non sembra essere lo stile di Antonio Conte che somatizza amaramente il fatto di non vincere a causa del destino, della società, dei quadri dirigenti, ma mai per colpe sue e della sua squadra. Eppure Steven Zhang sta tentando il tutto per tutto per convincerlo a restare, anche perché il suo esonero costerebbe una montagna di denaro che andrebbe a sommarsi a quello speso per Spalletti (ancora in essere) e il nuovo contratto a Max Allegri. Dunque, all'Inter mala tempora currunt per tutta una serie di scintille pericolose innescate dal suo coach tanto voluto quanto profumatamente pagato. In buona sostanza Conte non può pensare di volere rivoluzionare la società con i suoi credo organizzativi che non si confanno con il suo ruolo di allenatore. In fondo, in una società ci sono delle gerarchie da rispettare e a queste bisogna sottostare, anche se non sei d'accordo su tante cose. Se soffri tanto quelle che a tuo dire sono delle incapacità dirigenziali, nessuno ti impone di restare. Tante volte abbiamo sentito dire da Conte che non è una questione di soldi. E allora, invece di soffrire tanto decida di dare le dimissioni, perché crediamo che l'Inter abbia comunque una sua dignità da far rispettare, dopo che il suo allenatore l'ha messa in cattiva luce pubblicamente. Di Conte non discutiamo l'allenatore e neanche il professionista serio, preparato, che vive con intensità la sua interiorità professionale tra picchi di entusiasmo eccessivi e delusioni cocenti che gli tagliano le gambe e non gli fanno capire più nulla, Manca l'equilibrio, manca la forza di supportare e sopportare anche le avversità, le ingiustizie e quell'indirizzo altrui sbagliato che vorresti correggere, ma che non puoi sputtanare pubblicamente. Eppure fino a un certo punto ha messo a frutto la scuola Juve, talora fatta di problemi interni da non fare apparire, da non fare trapelare, per unirsi compatti contro tutti e tutto. Ma poi non ce l'ha fatta, e quando Conte sbotta affila la lingua tagliente e non ce n'è per nessuno. Vedremo cosa accadrà martedì prossimo nel'incontro a quattr'occhi con il presidente Zhang, anche se questa situazione lascia ormai pensare a un addio per far posto a Massimiliano Allegri. Ancora la stessa storia, ancora lo stesso film già visto e rivisto. Ma non dovevamo vederlo più?
Salvino Cavallaro
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