MESSINA È IN FESTA. VINCENZO NIBALI HA VINTO IL TOUR DE FRANCE


Lo Squalo dello Stretto, tiene alto il buon nome del ciclismo italiano targato Sicilia.
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Parigi, 28/07/2014 -


Prima ancora che toccare il cielo con le dita, Vincenzo Nibali da Messina ha toccato il cuore. Sì, il cuore dei suoi affetti più cari e dei tifosi di tutta Italia che si accomunano fraternamente con quelli di Messina. E’ un po’ come dire che la sua impresa ciclistica francese, ha avuto il merito di non essere soltanto forza suddivisa tra testa e gambe, ma è stata anche emozione. I suoi occhi lucidi apparsi in TV in occasione della premiazione sul podio più alto del Tour, lasciavano trasparire un’emozione profonda che scaturiva spontanea, quasi come se in quel momento nel suo cervello scorresse veloce il film della sua vita, dei suoi sacrifici fatti da quel giorno in cui, quindicenne ciclista dilettante, si trasferì in Toscana lasciando con rammarico la sua Messina, la città dello stretto che gli ha dato i natali. Eppure, a un certo punto della sua giovane età, Nibali fu assalito dalla voglia di smettere di correre in bici, così come spesso accade a chi si abbatte alla prima sconfitta perché non è completamente maturo. Ma papà Salvatore, quel giorno, diede un sonoro schiaffo a suo figlio Vincenzo, uno schiaffo che oggi il campione ricorda con grande affetto, perché è stato un toccasana di autostima per andare avanti. Vincenzo è un ragazzo dolcissimo, forte fisicamente e dalla muscolatura di gambe perfetta per essere un ottimo ciclista. Tuttavia, dopo aver vinto la Vuelta, il Giro d’Italia e il Tour de France, non tradisce mai quel suo essere ragazzo onesto nell’anima e mai banale nelle sue dichiarazioni, siano esse dell’immediato post gara o più a lungo termine. Sempre garbato, umile, mai borioso e con frasi sopra le righe. “Se oggi sono qui, è perché c’è il doping” ha detto mentre era sul podio più alto di Parigi, un po’ come dire che se non ci fossero i controlli seri dell’antidoping, sicuramente non avrebbe vinto perché altri sarebbero arrivati prima di lui. Dopo anni di marciume in questo sport che giustamente è ritenuto il più duro dal punto di vista dello sforzo fisico, finalmente è arrivato Vincenzo Nibali che non è soltanto pulito nell’anima ma che ha una sorta di idiosincrasia verso i farmaci. Alla Vuelta, Vincenzo era stato punto da un’ape durante una tappa, con conseguente reazione allergica. La faccia si è subito gonfiata e tumefatta come se fosse stato picchiato da qualcuno. Correre in quelle condizioni sarebbe stato un incubo. Ebbene, gli stessi organizzatori vedendo la necessità, gli avevano dato il benestare per fare una puntura di cortisone che, in condizioni normali, è considerata una sostanza dopante e può essere usata soltanto per esclusivi motivi medici. Ma Vincenzo non volle sottoporsi alla cura perché aveva capito che per restituire credibilità al suo sport, rispettare le regole non bastava, perché bisognava dare messaggi di chiarezza, trasparenza e solarità. E così niente cortisone e, sistemati i piedi sui pedali della bicicletta, Vincenzo ha corso con la faccia gonfia, stringendo i denti, finendo la tappa e conquistando la maglia rossa.  Nibali è questo, un ragazzo pulito d’altri tempi che sa cos’è il sacrificio di allenamenti continui in uno sport che non dà scampo a chi pensa di farla franca con sistemi dopanti. Lui ha lo sguardo buono, ma quando monta in sella, va dritto per la sua strada senza ascoltare niente e nessuno perché diventa uno squalo: “Lo Squalo dello Stretto”, così com’è affettuosamente chiamato da tutti i suoi fan. La bici da corsa per Nibali è una passione iniziata da bambino e non morirà mai. Sì, perché dopo una conquista bisogna pensare subito a un’altra corsa da preparare, a un altro giro da fare con serietà, con impegno e senza mai cullarsi troppo sui traguardi conquistati. In fondo la bici da corsa è come la vita; monti in sella e vai, pur sapendo che dopo una curva ce n’è subito un’altra e poi un’altra ancora. Un po’ come dire che gli esami non finiscono mai. Questo, Vincenzino lo sa, perché l’ha imparato correndo in bici, scalando le montagne e soffrendo, fin da quel giorno in cui lasciò con un po’ d’amarezza la sua Messina, che oggi è orgogliosa di lui, come forse non è mai stata di nessuno.

Salvino Cavallaro

Salvino Cavallaro