CEFERIN, ADESSO BASTA CON LE MINACCE


Inaccettabili ultimatum del presidente Uefa, che assieme ai club ideatori della Superlega fanno emergere uguali sentimenti di arroganza.
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Torino, 24/04/2021 -

Chi mi segue da anni su queste pagine di giornale sa quanto il mio giornalismo sia sempre misurato nelle espressioni che conducono all'oggettivo pensiero di critica, facendo ricorso alla deontologia professionale e alle regole dell'informazione attendibile che resta il grande impegno per ogni giornalista. Detto questo, desidero ritornare ancora una volta sul tema riguardante la Superlega come fatto mediatico che per tre giorni ha invaso le prime pagine dei giornali e i teleschermi dei vari telegiornali, i quali hanno spostato in secondo piano le loro attenzioni sul Covid. Ebbene, alla luce di questo «golpe» sportivo - finanziario che si è catapultato come uno tsunami mediatico, lasciando strascichi di feroci polemiche e di battibecchi velenosi di Uefa, Fifa, Lega e Figc contro le società di calcio europee che avrebbero voluto costituire la Superlega Europea, mi viene da pensare come sempre che la verità stia a metà. In tutta questa storia, infatti, non c'è la parte buona e quella cattiva, non ci sono gli angeli e i demoni, esistono solo tempi e metodi sbagliati in una forma da condannare per avere fatto emergere un'idea di calcio di sola appartenenza aristocratica e unilaterare nel tentativo di salvaguardare bilanci in rosso e debiti insormontabili che la pandemia ha messo in luce senza mezzi termini. Tuttavia, se è vero che tutto questo ha creato uno sconquasso mediatico di larga portata tra chi ha condannato questa iniziativa durata l'arco di 48 ore prima di ritirarsi in buon ordine con i suoi club più rappresentativi, è altresì vero che il presidente della Uefa Ceferin stia esagerando con le sue pubbliche minacce indirizzate soprattutto al Real Madrid, alla Juventus e al Milan, rei di essere ancora ancorati al progetto che aveva intenzione di rivoluzionare il calcio. «E' evidente che i club devono decidere se sono parte di una Superlega o sono club europei. Se vogliono essere parte, è evidente che non possono giocare in Champions League», così dichiara il massimo esponente dell'Uefa con fare sprezzante di chi vuole fare sentire la sua voce autorevole che sa di ultimatum del Potere del calcio Europeo. No, personalmente condanno certi toni arroganti perchè non è vero che l'Uefa e tutti gli altri organi sportivi hanno soltanto ragione, in quanto se parliamo di introiti ci accorgiamo che la stessa Uefa in qualità di organizzatrice della Champions League guadagna solo per lei una vagonata di milioni di euro che poi divide in minima parte con la vincitrice del torneo. Girando la medaglia, poi, ci si accorge che i club europei più ricchi hanno esagerato nell'acquistare campioni di calcio, svenando i propri bilanci e pensando di investire con il giusto ritorno di interesse economico. Operazioni finanziarie che si sono rivelate un flop perchè non si è tenuto conto del sopraggiungere di una crisi mondiale portata dal Covid, che nessuno aveva previsto. Ecco, forse per me è proprio questo il grave errore alla base di tutto. E adesso che rivoluzionare il sistema calcio che resta di tutti e non soltanto di pochi eletti, ecco che tutti i nodi vengono al pettine; tu Uefa perchè senza le 12 potenze calcistiche europee non sapresti che fartene della tua Champions League, e tu Superlega che hai tentato di superare la crisi che si è abbattuta sulle società di calcio, con un'idea assolutamente impopolare. Dunque, in tutta questa storia vedo la colpa di tutto il mondo calcio che deve darsi una calmata effettiva, con l'impegno di riorganizzare tutto il sistema calcio in cui l'interesse economico non può superare la logica delle attenzioni in cui le entrate devono sempre superare le uscite in bilancio e non viceversa. E poi ci si dia una calmata verbale. La buona educazione è la base dalla quale ripartire.Tanto più se ti chiami Florentino Perez, Andrea Agnelli o Ceferin che siete a capo del mondo calcistico europeo che reclama unione e non divisioni di parte.

Salvino Cavallaro .