QUAGLIARELLA, LO STALKING E IL PERDONO DEI NAPOLETANI


Se questo nostro calcio finisse di stupire, forse
non interesserebbe più a nessuno. Ma certi risvolti umani come quello capitato
a Fabio Quagliarella, centravanti
del Napoli e poi di molte altre squadre tra cui la Juventus, non possono
passare inosservati. E’ la storia di un ragazzo, calciatore professionista, che
dopo avere realizzato il suo sogno di vestire la maglia del Napoli, è stato perseguitato
da un avversario che non t’aspetti; un nemico che si chiama incubo persecutorio.
Dopo avere assistito a una lunga e commovente intervista fatta a Quagliarella nel
programma televisivo “Le Iene”, ci
viene da pensare come la cattiveria umana sia sempre dietro l’angolo, pronta a
colpire per chissà quale gusto satanico di vedere soffrire una persona. Si
chiama stalking, la cattiveria gratuita di perseguitare una persona con vari
scopi che possono essere dettati dalla vendetta o più semplicemente dall’invidia. Fabio Quagliarella, che oggi gioca con
la Sampdoria, ha dichiarato nel corso dell’intervista di essere stato
perseguitato per cinque lunghi anni da un agente di polizia e di essere stato
ceduto dal Napoli per via di questa situazione incresciosa. Quell’addio gli fu
fatale, perché tutti i tifosi del Napoli, dopo aver saputo che era stato ceduto
alla Juventus, si sono sentiti traditi ed hanno odiato il centravanti che da
allora non è più potuto tornare nella sua Napoli. Proprio lui che è nato a Castellammare di Stabbia e ama in maniera viscerale il
popolo campano e la terra che gli ha dato i natali. “Sono passato per l’infame della situazione” dice Quagliarella “e quando succede davanti alla tua gente fa
davvero male. Ogni volta che dovevo tornare a Napoli mi nascondevo, mi camuffavo, per evitare che qualcuno dicesse
qualcosa, perché poi faceva male”. A questo punto, sul volto del calciatore
sono apparse copiose lacrime di emozione. Il suo viso così eloquente, ha dato segnali di
uno sfogo umano legittimo che pur in uno stato depressivo di un ricordo che l’ha
ferito intimamente, si scorgeva anche l’espressione di chi si è finalmente liberato
di un qualcosa che l’ha fatto soffrire rendendogli la vita impossibile. Un momento liberatorio di una verità celata per anni, ma per ovvie
ragioni mai svelata prima. Adesso, “quell’amico” agente di polizia
che è stato l’artefice di tutta questa penosa storia andrà in carcere, ed è per
questo che Fabio Quagliarella ha
potuto parlare pubblicamente. Certo, pensando con il senno di poi, oggi i
napoletani si sentono in colpa per avere infierito a livello umano su un
ragazzo che ha dovuto lasciare il Napoli per salvaguardare la sua serenità e
quella dei suoi affetti più cari. Una storia di vita che ci fa pensare che non
è sempre luccichio ciò che appare tale, e che a volte i soldi non sono tutto.
Il pianto di un ragazzo classe ’83, professionista del pallone, che dopo aver realizzato
il suo sogno di giocare nel Napoli è stato prima acclamato, portato alle
stelle e poi denigrato, deve farci riflettere come troppe volte nella vita tutti noi siamo
portati a giudicare dall’esterno, senza neanche sapere ciò che ci sta dentro. E adesso, dopo questa
intervista, i tifosi napoletani chiedono scusa e sottoscrivono petizioni per un
suo ritorno a Napoli. Sì, perché quegli abbracci passionali diventati poi ira per un
tradimento che di fatto non c’è mai stato, sono l’emblema di una natura umana
che è troppo minimalista nel giudicare i suoi simili, lasciandosi assalire dall’odio.
Sono sentimenti che riscontriamo nel mondo di un pallone che ha la faccia del
denaro, ma che non ha ancora imparato la cultura del rispetto. Un autogol
imperdonabile di comportamento, incapace di chiedere scusa soltanto a verità
conclamata. La storia di Fabio Quagliarella da Castellammare di Stabbia, ci insegna
a riflettere e a non giudicare mai.
Salvino
Cavallaro