ROMA - JUVENTUS 1 A 1. L’ANALISI DI SALVINO CAVALLARO


Come spesso accade nei match point tanto
attesi, la delusione del gioco visto in campo è prevalsa su ogni altra cosa.
All’Olimpico di Roma, nella notte che avrebbe dovuto dare una svolta decisiva al
campionato, non c’è stato nulla che potesse dare il significato di una partita
dai connotati determinanti. La Juventus, ben disposta in campo dal punto di
vista tattico, ha saputo aspettare gli avversari per poi colpirli in
contropiede. I giallorossi di Garcia avrebbero dovuto fare la partita, ma, in
realtà, si è vista solo una squadra nervosa, il cui comportamento non ha fatto
altro che peggiorare la situazione. Per 70 minuti la Juve di Allegri, tornata
al vecchio modulo 3-5-2, ha macinato gioco, ha saputo attaccare con ordine e
intelligenza, è andata in vantaggio con un bellissimo gol su calcio di
punizione di Tevez, ed è stata molto attenta anche in fase di interdizione. Poi,
20 minuti finali di follia hanno decretato il pareggio della Roma e persino l’inaspettato
pericolo di perdere la partita immeritatamente. La squadra di Garcia, infatti,
dopo il rocambolesco pareggio di Keita, ha preso animo e si buttata in avanti
con vigoria e decisione, cogliendo inaspettatamente impreparata una Juventus
che improvvisamente è sembrata attonita e priva di idee. Una sorta di
cambiamento repentino che i bianconeri ricorderanno a lungo per la sua
negatività. Eppure, quel bellissimo gol di Tevez che avrebbe portato la Juve a
più 12 punti dalla Roma, poteva significare il capitolo chiuso di uno scudetto
già conquistato. Certo, i 9 punti rimasti di distacco tra Juve e Roma sono
significativi per i bianconeri di Allegri, che possono proseguire con
tranquillità un campionato che ha ancora 13 partite da disputare fino alla fine.
Ma come ha dichiarato Claudio Marchisio
alla fine della partita di Roma, questi ultimi 20 minuti della Juve devono fare
riflettere. Già, Marchisio.
Riteniamo che, al di là del piccolo pasticcio difensivo che l’ha coinvolto in
occasione del gol del pareggio della Roma, pensiamo che il “Principino” sia indenne da colpe, anche se, nella circostanza, in
un’area affollatissima di giocatori, avrebbe dovuto spazzare via quel pallone. Claudio
Marchisio, a parer nostro, ha disputato una partita da centrocampista moderno,
unendo quantità ed eleganza in un ruolo di regia che solitamente occupa Pirlo.
Il “Principino” ha sfoderato grande
grinta in una zona nevralgica del campo che richiedeva sacrificio nell’interdizione
e immediatezza nel costruire le manovre d’attacco. Copre, morde, è dinamico, è
sufficientemente “cattivo” e attento contro l’avversario e, se capita, sa anche
inquadrare la porta con efficacia. Un giocatore completo del quale questa Juve
di Allegri non può fare a meno. Ma, oltre Marchisio, ci è anche piaciuto Pereyra,
un giocatore che copre bene il centrocampo, che sa fare bene il movimento senza
palla, crea superiorità numerica ed è spesso una spina nel fianco delle difese
avversarie. Juve di oggi, dunque, e Juve che sta già costruendo il futuro anche
per quanto riguarda Morata e Coman, due gioiellini che fungono da freccia penetrante
nell’arco bianconero. Per quanto riguarda la Roma, invece, è stata l’espressione
della squadra affetta da pareggite. Molta voglia di primeggiare per buona parte
del campionato, che contrasta con l’attuale carenza atletica e di idee che
fanno emergere un nervosismo di base, che è deleterio ai fini di un’idea di
squadra compatta. Adesso, quella frase celebre di Garcia: “Sono convinto che la Roma vincerà lo scudetto” è stata chiarità
dallo stesso autore, il quale ha precisato di averla detta per stimolare un
ambiente depresso, dopo la sconfitta d’andata allo Juventus Stadium. Attualmente,
la Roma resta la seconda forza del campionato, anche se Napoli, Lazio e
Fiorentina sembrano volerla contrastare in maniera convinta. Intanto, vogliamo fare
una nota di elogio all’arbitro Orsato, perché ha saputo arbitrare in maniera
corretta una partita che, alla vigilia, non si presentava certamente con le
credenziali di match facile da dirigere.
Salvino
Cavallaro