CAMBIARE SQUADRA NON È TRADIRE


E’ insito nella mentalità della stragrande
maggioranza dei tifosi, che cambiare maglia e squadra di calcio significhi
tradire. E invece per un calciatore è qualcosa di fisiologico, soprattutto nell’oggi
di un pallone in cui se si presenta qualcuno che ti fa un’offerta
irrinunciabile, non puoi umanamente respingerlo. E’ la legge del professionismo
di un calcio che tutti siamo pronti a criticare nel suo sistema, ma che poi ne confondiamo
principalmente i contenuti, perdendoci tra sentimenti e romantici legami che
non hanno più ragione d’essere. Sì, perché il calcio ad alti livelli è una
professione e ogni offerta di lavoro va valutata e accettata se ritenuta
migliore sia dal punto di vista economico che in prospettiva professionale. E
allora cosa vuol dire essere mercenari del pallone? Vuol dire tutto e vuol dire
niente, proprio per i motivi fin qui espressi. Da Baggio a Quagliarella,
da Higuain a Bernardeschi e tanti altri casi in cui la ruggine e l’odio hanno scavato
gli animi più sensibili, non è una cosa che finisce come fosse una breve o
lunga storia d’amore, ma è più semplicemente la scelta di un qualcosa che possa
darti il meglio. E tutto ciò non deve essere confuso con il rinnegare un
passato che pur ti ha dato tanto. No, perché la “ratio” non è il frutto del
pensiero di pancia, ma la riflessione apportata dalla testa. Certo,chi va allo
stadio ha tutto il diritto di fischiare e di manifestare la delusione di non
vedere quel giocatore rappresentativo che non indossa più la maglia del tuo
cuore, ma quello che succede ormai come abitudine è l’espressione dell’ira, di
quell’odio malsano che non è più qualcosa di sportivo, ma di pericoloso rancore
che a livello umano può fare davvero male. E lo vediamo tutte le volte che
Higuain ritorna con la Juventus a Napoli, mentre abbiamo pure visto cos’è stato
il ritorno di Bernardeschi con la maglia della Juve a Firenze. E’ questione di
cultura, perché dietro certe cose, anche se non sembra, ci sono storie
personali che non sono sempre così sfacciatamente superficiali. Ricordate la
storia umana di Quagliarella? Lui non aveva lasciato Napoli, il Napoli e la
maglia azzurra che ama tanto, per un semplice andare a star meglio altrove, ma
per storie personali che poi, a distanza di tempo, ha reso pubbliche. Questo
deve farci riflettere tutti, perché le storie del calcio legate all’uomo non
sono sempre così squallidamente banali e avvolte da considerazioni superficiali
che fanno sempre capo al dio denaro. C’è la vita privata, c’è l’ambizione di
migliorare professionalmente e c’è pure lo stimolo di qualcuno o qualcosa che
ti propone di fare il salto di qualità. E’ legittimo, è sacrosanto e non è
tradire!
Salvino
Cavallaro