TRA SOGNI E REALTÀ


La disavventura azzurra di Riccardo Montolivo
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04/06/2014 -


Quante volte nella vita abbiamo sentito parlare di sogni realizzati e altri accarezzati fino all’ultimo e poi svaniti tra le nuvole. Parliamo di emozioni, parliamo di speranza, parliamo di vita. Ma c’è una sostanziale differenza tra ciò che è realtà e ciò che è sogno. Il sogno ti trasporta in un mondo migliore, ti fa toccare il cielo con le dita e ti carica di adrenalina. La realtà, invece, è ciò che si presenta a noi come qualcosa di imprescindibile, di certo. Bella o brutta che sia, è realtà, è certezza di ciò che viviamo in quel momento. Ma cosa sarebbe la vita se non esistessero i sogni? Se non ci fosse la fuga dalla realtà, se non ci fosse la speranza legittima di una vita migliore, di un qualcosa che ci faccia toccare il cielo con le dita. Ciascuno di noi in modo legittimo accarezza un proprio sogno, ci crede fino in fondo, lo accarezza fino all’impossibile. Poi, se si realizza, si scatena la magia del vivere, ma se non si realizza, brucia tremendamente ciò che hai creduto, sperato fino all’ultimo ed è svanito. E’ il rovescio della medaglia, il boomerang che si ritorce contro di noi facendoci pagare lo scotto di non essere rimasti con i piedi per terra. Tuttavia, sperare, sognare, emozionarsi resta fondamentale per vivere, per dare un senso a questa nostra vita. Io che scrivo di calcio, e non solo, vivo spesso il distinguo tra sogno e realtà in una contrapposizione di pensieri ed emozioni che s’intrecciano tra continue riflessioni di vita. Il recente dramma sportivo vissuto da Riccardo Montolivo mi ha fatto pensare come la realtà di un momento possa cancellare in un attimo un sogno a lungo accarezzato. Era lì, Riccardo, era arrivato all’apice della sua maturità calcistica e umana. e il C.T. Prandelli oltre a consegnargli la fascia da capitano gli aveva dato i galloni di uomo squadra per i prossimi campionati mondiali di calcio che si svolgeranno tra poco in Brasile. E lui, Riccardo Montolivo, aveva subito capito la fiducia che gli era stata data ed era convinto che questa volta davvero ce l’avrebbe fatta a raggiungere quel sogno che avrebbe completato il suo processo di maturità legato all’atleta ma anche all’uomo. Poi, in un contrasto come tanti altri ce ne sono in una partita di calcio, Montolivo cade a terra dolorante. La sua tibia ha ceduto al contrasto e si è rotta in maniera scomposta. Il risultato di un intervento chirurgico da fare è stato subito chiaro, ma è stata chiara anche la lunga convalescenza che lo terrà  lontano dai campi di calcio almeno per sei mesi. Ma ciò che scotta di più è la rinuncia a quel mondiale sognato, accarezzato e poi svanito nel nulla. Una realtà che si contrappone malignamente e distrugge il sogno senza un perché. E dire che Montolivo si era sposato qualche giorno prima e aveva rimandato il viaggio di nozze per quel sogno da sempre sognato e poi diventato impalpabile, inarrivabile. E’ un fatto di vita, uno dei tanti che mi piace mettere in evidenza perché si manifesta nell’uomo e nella sua centralità, prima ancora che nel processo professionale dell’atleta. Potremmo definirla come l’antropologia che s’interseca al pallone, al gioco del calcio, ai suoi sogni realizzati e a quelli mai raggiunti, alla realtà cruda e a un segno del destino che l’uomo non ha ancora capito se è dovuto al fato oppure a se stesso. Forse, in tutto ciò che ci accade nella vita ci sono tutte e due le cose. Se è vero che l’uomo è talora giudice del suo destino, è altresì vero che il fato improvvisamente si presenta come qualcosa di disarmante, di non previsto. Storie come quelle di Riccardo Montolivo ci fanno entrare nei sentimenti dell’uomo, anche se il pallone dà tanto e talora dà quasi tutto, ma non può certo opporsi a certe fragilità che sono nate con la persona e che si manifestano sottoforma di destino crudele.

Salvino Cavallaro  





Salvino Cavallaro