QUANDO UN ALLENATORE ESAGERA A MOTIVARE I PROPRI GIOCATORI


Tutto ciò che è eccessivo,
anche in funzione di positività, può ritorcersi in maniera negativa. Le recenti
e inaspettate dichiarazioni di Massimiliano
Allegri a due settimane dalla bruciante sconfitta della Juventus nella
finale di Champions League contro il Real Madrid, ci fanno trarre alcune
considerazioni. “Non andiamo a Cardiff
per fare una passeggiata, si va per vincere la Coppa e dobbiamo essere spietati”. Queste sono state le dichiarazioni
in conferenza stampa a Vinovo, prima della partenza per Cardiff. Poi, dopo il
risultato che tutti sappiamo, Allegri
rivela con amarezza: ”Ho pensato di
lasciare, ma la Juve può riprovarci, per questo sono rimasto”. Due momenti diversi, due situazioni contrastanti che
lasciano pensare ad un equilibrio perduto lungo un percorso difficile, in cui
l’ansia da prestazione e l’adrenalina hanno sopraffatto la ragione. Non sempre
certe motivazioni trasmesse ad un gruppo che pratica sport professionistico e
non, raccolgono l’effetto voluto. Nello specifico caso, Allegri ha esasperato
il pensiero trasmesso alla squadra che era quello di vincere a tutti i costi e che
non poteva esserci altro risultato, se non quello di portare a casa la Coppa. “Adesso o mai più” e “Fino alla fine”, erano gli slogan che
si ripetevano come un mantra quasi persecutorio nell’ambito della squadra,
dell’ambiente bianconero, nei media. Un qualcosa dovuto a tutti, tifosi
compresi, dopo tanti anni di attesa. E, in effetti, molti hanno creduto di
potercela fare, non fosse altro che per quello che aveva saputo costruire la
Juve vincendo in maniera convincente sia il campionato (sesto scudetto
consecutivo, uguale leggenda) che la Coppa Italia, nonostante un anno
stressante in cui i campioni di Max Allegri hanno conquistato la partecipazione
alla finale di Champions League. Sempre gli stessi giocatori (o quasi) hanno
fatto gruppo contro tutto e contro tutti. La BBC, il centrocampo con Pjanic,
Khedira e Cuadrado (poi scoppiati) Dybala e Higuain esausti e opacizzati da una
volontà non più sorretta da forze fisiche e psicologiche. Sì, perché tutto ha
un limite. I calciatori non sono robot e dopo innumerevoli partite ad altissimo
livello, in cui contro la Juve tutti fanno sempre la partita della vita, c’è
bisogno di cambi freschi anche nel corso della gara. Ma, se è vero che la
panchina della Juve con Marko Pjaca rotto, Marchisio che dopo il grave
infortunio ha stretto i denti dimostrando una forma ancora precaria, Rugani
infortunato ma mai valorizzato a sufficienza, Sturaro e Rincon le cui
caratteristiche tecniche hanno dimostrato grandi lacune e pur con un Dany Alves
uscito con grande autorevolezza dal mazzo degli inaspettati, tra l’entusiasmo e
le varie motivazioni psicologiche di vincere a tutti i costi, si è perso il
filo logico di certi limiti che la superiorità tecnica del Real Madrid ha
spietatamente evidenziato. Forse, inconsciamente, si è sperato fino all’ultimo
che nel calcio non è mai detta l’ultima parola e che certe caratteristiche
caratteriali dimostrate nel corso della stagione da Buffon e compagni,
bastassero da sole per annullare quel gap ancora minimo, ma esistente, che c’è in campo europeo. E così
ci si è appellati alla sfortuna e ad una Coppa che per la Juve sembra
storicamente stregata. Ma la partita, dopo un primo tempo di finale di
Champions che la Juve ha giocato ad un ottimo livello, nella ripresa sono
emerse tutte quelle lacune ancora in essere, che le eccessive motivazioni di
Allegri : “dobbiamo essere spietati”,
non sono valse a nulla se non a peggiorare la situazione. E così succede che
quando ti convincono di vincere un triplete che sembrava ormai alla tua portata,
finisci con cedere di colpo proprio sulla dirittura d’arrivo. Quegli ultimi 50
minuti di partita che sono stati fatali a una Juve che ha deposto la sua
determinazione, la grinta e la cattiveria, in maniera disarmante. Dunque, forze
fisiche al lumicino, annebbiamento completo della spinta psicologica e
oggettiva qualità tecnica dell’avversario, sono stati le componenti di un’amara
sconfitta che oggi, dopo le dichiarazioni di mister Allegri, fanno pensare in
che stato depressivo si trovassero tutti. Ma la Juve insegna a non mollare mai,
ecco perché Allegri ha deciso di rimanere e riprovare a vincere il prossimo
anno la Champions in quel di Kiev, a patto però di rafforzare la squadra e di non
rifare più gli stessi errori. Nel calcio, motivare i giocatori è essenziale, ma
a tutto c’è un limite. Sì, perché è bene convincerli della loro forza, ma è anche
giusto renderli consapevoli dei propri limiti.
Salvino
Cavallaro