SERIE A. IL TORINO E LA DELICATA SETTIMANA CHE È ALLE PORTE


Torino – Un’altra scoppola per
il Toro di Ventura. La sconfitta interna subita dal Sassuolo brucia in maniera
particolare, non solo per il modo con cui i granata si sono fatti superare
dalla squadra di Di Francesco, ma anche perché alle porte c’è la delicata
partita di Europa League contro il Bruges e il derby cittadino. Nel lunch match
dell’Olimpico di Torino, i granata incassano in maniera davvero brutta la terza
sconfitta consecutiva, pregiudicando un campionato che, almeno per il momento,
non può essere considerato di alte aspirazioni. Il ridimensionamento evidente è
dato da una situazione oggettiva che ha fatto venire al pettine tutti i nodi
nascosti all’inizio di campionato, in cui sulle ali dell’entusiasmo per l’ottimo
campionato precedente, il Torino si era forse illuso di bissare la gloria
assaporata con Cerci e Immobile. Ma i granata con una rosa così povera dal
punto di vista tecnico, si sono accorti ben presto che la musica era cambiata
in peggio. L’Europa League, se affrontata con questi giocatori, è un lusso che
il Torino non può davvero permettersi. Questa squadra, se ha la giusta
mentalità, può al massimo lottare con buone probabilità di salvezza dalla
retrocessione. Due giocatori su tutti: Quagliarella e Darmian che, per grinta,
determinazione, voglia di fare e trascinare la squadra al pressing e al gioco
corale, predicano davvero nel deserto. C’è poca cosa in questo Toro che pur
aveva tante ambizioni e che per breve tempo si è illuso di poter competere con
le migliori forze del nostro campionato.
Troppa mediocrità, troppa confusione,
troppa mancanza di mentalità cinica. I rigori fanno parte del gioco e, quando
non riesci neanche a sfruttarli approfittando dell’occasione, allora vuol dire
che sei preda della paura, della confusione. Due brutte sensazioni che
inibiscono ancor più la poca iniziativa. Se Quagliarella è il rigorista ufficiale
del Toro, perché non fare tirare a lui il penalty che l’arbitro Rizzoli ha
concesso a favore dei granata? E poi, perché proprio Sanchez Mino? Una disdetta,
quella dei rigori sbagliati per il Torino. Un ciclo di errori dal dischetto che
non può essere casuale. Ma, pur nell’oggettiva mancanza di qualità di questo
Torino, ci sono alcune considerazioni da fare sulle scelte tecniche. Notiamo
che Ventura, forse proprio per questa consapevolezza di avere a sua
disposizione una rosa ristretta e qualitativamente mediocre, ha spesso timore
di osare. Nella partita contro il Sassuolo, invece di inserire Amauri, che
avrebbe comunque dato un chiaro segnale di iniziativa nel tentare di vincere il
match, Ventura ha cambiato prima Sanchez Mino con Farnerud e poi Peres con
Martinez e ancora Vives con Nocerino. Di Francesco, invece, forte del suo gioco
propositivo e della sua chiara voglia di vincere la partita, ha cambiato Brighi
con Taider, Zaza con Floccari e Sansone con Floro Flores che al 42’ ha
realizzato il gol della vittoria del Sassuolo. Logiche diverse, scuole di
pensiero che forse sono il frutto di generazioni diverse, ma che comunque danno
il segnale di ciò che si ha in mente di ottenere.
Non vogliamo calcare la mano
ed essere oltremodo negativi su questo Torino che è davvero poca cosa. Ma, se
lo vediamo soltanto dal punto di vista della competizione per le posizioni alte
di classifica, dobbiamo dire che c’è ancora molto da fare. Cairo deve
assolutamente mettere mano al portafoglio, partendo da un centrocampista con
personalità. Uno di quei giocatori capaci di dettare i tempi del gioco, di
prendere le redini della squadra con il carisma del vero capitano. Ma, a nostro avviso, manca anche un portiere con
personalità e una punta da affiancare a Quagliarella. Gillet è stato troppo
tempo fuori e, in alcune volte, dà la sensazione di essere lontano dalla forma
migliore. Padelli, dal canto suo, ha accusato il colpo nell’essere stato privato
della sua titolarità nella squadra in cui l’anno scorso aveva dato un buon
apporto. E poi la chiarezza, la tranquillità perduta, l’autostima che si è
persa per strada. Ancora una volta, Ventura è chiamato ad essere il condottiero
di un gruppo che ha bisogno di vedere in lui il coach che osa vincere le
partite. Senza paura, senza tattiche scriteriate, ma convinti che se si tenta di
vincere si acquista in autostima, in personalità, e anche i tifosi capiranno la
buona volontà. Poi, Cairo deve fare la sua parte, un segnale da presidente che
tiene alla propria squadra e, come tale, deve necessariamente spendere dei
soldi. Se così non sarà, evitiamo di pensare a un Toro perseguitato dalla sfiga
cosmica. Non è più tempo. Adesso è arrivata l’ora di crescere, almeno se si vuole uscire definitivamente fuori
dall’anonimato. Il Bruges e la Juve sono lì che aspettano il Toro. Ci vuole un
atto di coraggio, un tentativo di cambiamento di rotta. La luna non la pretende
nessuno.
Salvino
Cavallaro