Questa volta Paolo Rossi non è riuscito a fare gol contro il destino avverso.
Quel pallone che tante volte ha scaraventato rabbiosamente dentro la porta con
forza per gonfiare la rete, questa volta non ce l’ha fatta. Una porta
maledettamente stregata che è stata più forte di lui e questa volta gli ha
giocato un brutto scherzo. Quasi a fargli toccare con mano l’altra faccia della
medaglia sempre presente, sempre in agguato a farti pagare quanto nella vita
hai gioito. Paolo Rossi è morto a 64 anni. Troppo presto per un ragazzo che ha
amato la vita, il calcio, i compagni e gli affetti più cari. Era amabile di
carattere, anche se in campo è stato l’emblema del calciatore forte che mieteva
gol a raffica, come in quella memorabile Coppa del Mondo vinta nell’82 con la
Nazionale di Enzo Bearzot. Pablito Rossi, così lo chiamavano in Argentina,
identificandolo come il più importante calciatore italiano di allora. “Ricordo quando alzai quella Coppa del Mondo
al cielo e il mio sguardo rivolto in alto al Signore per pregarlo di fermare il
tempo”. E’ una delle tante frasi celebri dette da Pablito in quell’estate
di calcio giocato in un clima afoso, in cui lui assieme ai suoi compagni fece
il giro dello stadio Sarrà di Barcellona, esaltando un’impresa che inorgoglì l’Italia
tutta e pure il Presidente Pertini
che era presente in quello stadio. Paolo
Rossi in carriera ha giocato nelle giovanili del Santa Lucia, l’Ambrosiana,
Cattolica Virtus, Juventus. Poi Como, Lanerossi Vicenza, Perugia, Juventus,
Milan, Verona. Un palmares davvero importante che si completò poi con l’oro
in Spagna ’82. Nella sua vita ha lottato con il destino che gli aveva procurato
più di un menisco rotto, ma soprattutto con la sua ingenuità, quando al tempo
in cui giocava a Perugia si fece squalificare per essere stato coinvolto nella storia del
calcio scommesse. Una pagina nera della sua vita che ha saputo voltare presto, rialzandosi
con forza dopo quella che era apparsa come una caduta che poteva essere
rovinosa per la sua carriera e la sua vita. La Juve lo riprese dandogli
fiducia, così come fece in Nazionale Enzo Bearzot. E lui, il Pablito nazionale,
ripagò tutti a suon di gol. Com’è strana la vita! Nasci, cresci, cadi, ti
rialzi e poi voli. Quasi fossero passaggi obbligati in cui finito un periodo se
ne comincia un altro. Ma non è per tutti così. Sì, perché se non hai il
carattere giusto per affrontare il peso di certe delusioni, ecco che ti siedi e
sei morto prima di morire davvero. Ma Paolo Rossi fu invece supportato da un
carattere caparbio, forte, tipico delle sue radici toscane. E’ stato il
campione che ha rappresentato quel calcio romantico per cui si sono scritti
fiumi di parole, osannando vittorie pallonare che erano anche rivincite sociali
in anni di crisi economica. E oggi che Paolo
Rossi non c’è più, tutti noi percorriamo le tappe della sua vita vissuta
con forza, coraggio e con il sorriso stampato sul suo viso. Già, quel sorriso
sempre presente in lui che rassicurava, sdrammatizzava, dava fiducia. Quante
emozioni, pensieri neanche tanto nascosti si sono moltiplicati nella gioia di
un gol, di una vittoria capace di tramutarsi in delusione quando le cose non andavano
più bene. E in fondo cos’è il calcio, se non l’accettare il fronte retro della
medaglia della vita? Ciao Pablito Rossi, grande realizzatore di tanti gol che ci
hanno spinto all’abbraccio. Quello vero, quello di cui oggi ne apprezziamo solo
il ricordo.
Salvino
Cavallaro
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