DOPO TOTTI, ANCHE DE SANTIS PARLA CONTRO LA JUVE


Che noia. Che argomento monotematico. Che
stucchevolezza di frasi dette e ridette. Gli uni contro gli altri. Eppure,
nonostante l’intermezzo della Nazionale, il disastro idrogeologico che ha
colpito Genova e altre città del nord d’Italia, l’argomento preferito resta
sempre lo stesso: i veleni e l’odio tra Roma e Juventus. Non se ne verrà mai più
fuori da questo tema noioso, ripetitivo fino alla nausea. Più parole che gioco,
più offese che desiderio di chiarirsi in maniera democratica. Dopo le pesanti
parole di Totti nel post gara di Juventus Roma e le risposte non certo
affettuose di Bonucci e Buffon, adesso anche il portiere della Roma Morgan De
Santis, in un’intervista al fulmicotone, parte a testa bassa contro i
bianconeri. “Con la Juve mai ad armi
pari. Lì conta vincere, non come”, è
una delle tante frasi estrapolate dall’intervista a De Santis, pubblicata dalla Gazzetta dello Sport. Noi, che da
sempre scriviamo di sport e di calcio in particolare, ci siamo sempre schierati
a favore della moderazione, promuovendo un’opinione soft e possibilmente
oggettiva. Sempre superpartes e mai con intenti maligni di volere favorire
nessuno. Da anni sentiamo sempre lo stesso ritornello contro la Juve, contro
gli arbitri che la favorirebbero per una sorta di sudditanza che viene a
crearsi nei confronti del Potere: “Il
sistema italiano si muove con leggi non scritte, in cui il potente ha sempre
ragione e gli si può concedere tutto”
dice De Santis nella sua intervista.
“Fa riflettere la sproporzione su quanto
hanno vinto in Italia e in Europa: qui il potente ha sempre ragione e loro studiano come influenzare gli arbitri”
continua senza freni inibitori il portiere giallorosso. Innanzitutto ci
preme rilevare l’inadeguatezza di certi toni esacerbati che provengano da De
Santis, da Totti, ma anche da Bonucci e Buffon, indiscutibili campioni di calcio,
cui le parole hanno un peso determinante sulla psiche del tifoso che,
inevitabilmente, si sente autorizzato alla diatriba per difendere a spada
tratta la propria squadra. Certi discorsi sbandierati ad alta voce pesano come
macigni, e si dovrebbe avvertire la responsabilità di ponderarle prima di
dirle. C’è una coscienza sportiva che fa capo all’etica professionale che,
troppe volte davvero, viene disillusa per chissà quale altro principio. Come
abbiamo già fatto, possiamo disquisire ancora sui fatti avvenuti in campo
durante la partita Roma e Juventus di quest’anno, e potremmo anche parlare dei
precedenti match che si sono svolti in tanti anni di storia calcistica italiana,
che ci portano persino al fatidico gol di Turone. Ma il tema è sempre lo stesso,
monotematico e stucchevole, perché si parte sempre a priori dal presupposto che
l’arbitro designato sia pervaso dal sentimento di sudditanza verso il Potere. E
il Potere, a detta dei non juventini, si chiama Juventus. Noi, invece,
parleremmo di errori arbitrali e disattenzioni di assistenti di linea e di
porta, che nel tempo hanno penalizzato (ma anche favorito) le squadre, si
chiamino Roma, Juventus, Inter, Milan, Napoli, Lazio, Fiorentina, e chi più ne
ha più ne metta. Per porre fine o almeno attenuare questo stillicidio di interminabili
polemiche e vicendevoli colpe, ci vuole la moviola in campo. Dissentiamo sul
pensiero di Platini, in base al quale la moviola in campo non servirebbe a
migliorare la situazione. Può darsi, ma almeno il mezzo meccanico non è certamente
imputabile di riverenze e sudditanze verso il Potere. La moviola ci fa vedere ciò che è successo e ne stabilisce il rispetto delle
regole per tutti. Diminuirebbero di conseguenza certe dichiarazioni e imperdonabili
offese reciproche che provocano delle pericolose fomentazioni all’odio, là
dove non vince nessuno e perdono tutti. Calcio, compreso.
Salvino Cavallaro