QUELLO CHE AVREBBE POTUTO ESSERE E NON È STATO


L’incontro di semifinale
europea Juventus – Benfica che ha sancito il passaggio in finale della squadra
portoghese, ci lascia alcuni spunti di riflessione che vanno oltre la sterile
cronaca di una partita che ha deluso non solo sotto il profilo del risultato ma
anche del gioco. Se ci soffermassimo semplicisticamente e in maniera
minimalista sulla cocente delusione di una squadra italiana, la Juventus, che
pur sapendo che la finale di Europa League si svolgerà proprio nel cuore di
casa propria, saremmo tentati di versare fiumi di retorica nel dire che la
colpa dell’insuccesso sia da addebitare all’arbitro, agli avversari che hanno
perso tempo per lunghi tratti della gara o, ancora peggio, che per la Vecchia Signora sia stregata ogni
partecipazione al calcio europeo. A noi, invece, piace fare un’analisi meno
emotiva, meno valutabile in maniera superficiale ma più efficace
nell’approfondimento di cause che vanno ricercate nel concetto più generale di una
crisi profonda che investe ormai da anni il calcio italiano a livello di club.
Possiamo certamente disquisire sulle cause di uno zero a zero che la Juventus
non ha saputo sbloccare al cospetto di un Benfica che, difendendo coi denti il
2 a 1 dell’andata, ha conquistato il diritto di partecipare alla finale di
Europa League per il secondo anno consecutivo. Ma, come dicevamo pocanzi, la
causa della mancata vittoria anche se risicata della Juventus, che le desse
modo di partecipare alla finale che si svolgerà nel meraviglioso scenario dello
Juventus Stadium, ha radici più profonde che si diramano nella flebile
rappresentanza europea del nostro calcio. La Juventus era rimasta l’unica
squadra italiana capace di rappresentarci in Europa. La sua estromissione dalla
finale europea ha fatto sì che nel Ranking UEFA, l’Italia si sia posizionata al
quinto posto della speciale classifica europea dei football club, essendo stata
surclassata proprio dal Portogallo che precedevamo prima dell’incontro di
semifinale. Davanti a noi ci sono, Spagna, Inghilterra, Germania e Portogallo,
mentre noi precediamo di poco la Francia che ci soffia sul collo. Attenti però,
perché lo scenario del football europeo sta vedendo la veloce avanzata anche
del calcio russo che, fino a pochi anni fa appariva quasi ai margini
dell’importanza pallonara a livello di club europei. Dati di fatto che ci fanno
riflettere su una situazione d’importanza europea che dal 1984 a oggi ci ha
visto declassati in maniera esponenziale. Le cause? Sono tante! Non ultima la
situazione economica del nostro Paese che non ha visto sostanzialmente
l’ingresso in campo calcistico di emiri arabi o magnati russi. Da molti anni è
finito il tempo dell’opulenza economica data dalla Casata Agnelli, dall’imprenditore
Berlusconi o dal petroliere Moratti che hanno rappresentato il calcio italiano
a grandi livelli europei. Oggi le cose sono cambiate e l’involuzione economica
di casa nostra è coincisa con la crescita culturale ed economica degli altri
Paese europei. Dopo la cocente eliminazione della Juve in Europa League e dopo
quanto sin qui detto sulla nostra posizione nel Ranking del Football Europeo,
possiamo dire con tutta franchezza: “C’era
una volta il campionato più bello del mondo”. Quindi, per quanto riguarda
l’ultima malinconica uscita della Juventus dall’Europa calcistica, ci
sembrerebbe un dettaglio finalizzarla ad alibi apparentemente penalizzabili
quali, l’inefficienza dell’arbitro, la maggior esperienza europea del Benfica,
piuttosto che la stanchezza della Juve, reduce com’è da un campionato lungo,
stressante e faticoso. Certo, forse nel computo totale delle due sfide di
semifinale tra le due squadre, chi avrebbe meritato di passare il turno sarebbe
stata proprio la squadra di Antonio Conte. Ma c’è un piccolo particolare da non
sottovalutare, e cioè che nel mondo del calcio la meritocrazia sta a zero e
vince soltanto chi fa gol, mentre le valutazioni di giurie che stanno dietro un
tavolo non hanno alcuna voce in capitolo. E poi gli inconfutabili risultati
negativi delle nostre rappresentanti nel football europeo, sono dati dai numeri
che ci collocano malinconicamente al quinto posto. Questa è l’analisi che più
conta. E, mentre la Juve stravince in campo nazionale come emblema della migliore
espressione del calcio italiano, all’estero non è così.
Salvino
Cavallaro