A poco più di metà campionato, il tecnico boemo Zeman è stato sollevato dall’incarico di allenatore della Roma. Dopo l’uno a quattro subito in casa dal Cagliari, il popolo giallorosso ha invocato il suo allontanamento dalla panchina della Roma. Si ripete la visione di un film già visto altre volte, in cui il tecnico boemo recita la parte dell’eterno incompreso. Un allenatore unico nel suo genere, un fautore di condizioni teoriche adattate alla realizzazione di un calcio prettamente offensivo che non tiene conto né dell’avversario e neanche della cura dell’aspetto difensivo. Una scuola di pensiero unica al mondo che, negli anni, ha dato a Zeman poche luci e molte ombre perché, di fatto, egli non ha mai vinto nulla d’importante. Il calcio, purtroppo, non perdona ed è spietato verso chi non dimostra con i fatti le proprie convinzioni teoriche.
Zeman è, e resterà per sempre, un filosofo del pallone che non può entrare a far parte di un calcio in cui si manifesta preponderante l’importanza assoluta di “Vincere”, sempre e comunque. Si evince solo questo in un mondo inondato da troppi interessi economici e tantissimi investimenti che non ammettono divagazioni di sorta. Non importa come, ma la cosa essenziale è trovarsi là, in alto alla classifica, senza “se” e senza “ma”. Diremmo quasi in maniera spietata si può e si deve essere competitivi al massimo. E, con questa logica non logica per chi vede il calcio con occhi diversi, le squadre di Zeman (tranne episodi vincenti legati soprattutto a esperienze con squadre di provincia) hanno sempre fallito l’obiettivo di essere la compagine da battere. I motivi sono da ricercarsi soprattutto in una filosofia di gioco troppo astratta che, dal punto di vista filosofico può essere interessante, ma che si perde poi nei meandri della logica razionale del calcio. Ed è proprio lì che le squadre di Zeman falliscono, proprio nel momento in cui i giocatori sono chiamati in campo a mettere in pratica certe teorie filosofiche (per certi versi astruse) che vanno a cozzare con il concetto di calcio pragmatico, fatto di essenzialità, di ordine tattico nei vari reparti, e di meccanismi di gioco che devono necessariamente essere automatici nei movimenti. Il centrocampo è da sempre l’ago della bilancia in qualsiasi modulo tattico, un supporto necessario nella fase di interdizione ma anche di costruzione della fase offensiva; meccanismi necessari, atti ad attaccare ma, soprattutto, anche a saper difendere con raziocinio.
Questo in sintesi è ciò che ci ha insegnato il calcio di sempre che, se pur rivisto nel tempo da sistemi ammodernati dalle diverse scuole di pensiero, non ha cambiato mai la sua origine di gioco che necessita pur sempre di ordine tattico e non di sconsiderati arrembaggi e sconclusionate teorie che, alla fine, si ritorcono inevitabilmente contro come un boomerang. Eppure, Zeman è da sempre considerato un grande allenatore, tanti lo vorrebbero e pochi lo prendono. A nostro avviso resta pur sempre il miglior teorico di un calcio fantasia che non può rispecchiarsi nella fredda filosofia di vincere a tutti i costi. Egli appartiene alla schiera dei grandi professori capaci di impartire lezioni universitarie di calcio dietro una scrivania, ma si perde letteralmente nel momento in cui è chiamato a dare alla sua squadra elementi di ordine tattico e motivazioni psicologiche. E poi lo spogliatoio, cuore pulsante degli umori dei giocatori.
Zeman non l’ha mai seguito in modo particolare, e questa è una delle sue tante lacune. La relazione con i propri giocatori è di vitale importanza al fine di creare un gruppo omogeneo e coeso. E’ uno dei tanti segreti del calcio, che s’impone nell’esaltazione umana legata a sentimenti di autostima. Questa, purtroppo, è un’affinità che non si addice al carattere di Zeman, non è consona al suo credo calcistico, al suo modo di essere e non si confà alla sua logica di vedere il calcio e i suoi artefici. Nell’ambito di un gruppo c’è sempre un leader, un giocatore più rappresentativo e, come tale, è indispensabile considerarlo a supporto per il traino della squadra stessa. Ma queste sono sottigliezze che da sempre sfuggono alla ragione di Zeman, allenatore inondato di convinzioni pallonare che sono davvero uniche e del tutto particolari. Una cosa è certa; l’allenatore boemo, pur non avendo mai vinto nulla d’importante nella sua carriera, ha sempre fatto parlare di sé, nel bene e nel male. Sarà così, ancora per quanto tempo?
Salvino Cavallaro
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