LA JUVE DI ALLEGRI NON CONVINCE


Nel calcio, non siamo ancora riusciti
a capire come mai gli allenatori propendano per certi giocatori palesemente
fuori forma, piuttosto che per altri chiaramente più brillanti e affidabili. Sembra
quasi che ci siano dei pupilli da tutelare, da preservare dagli attacchi dei
media. D’accordo il rispetto delle gerarchie, va bene la logica della scelta di
chi vede tutti i giorni i giocatori in allenamento e ne stabilisce la
titolarità, ma quando in partita ci si accorge che un tal giocatore è fuori
forma, ebbene bisogna provvedere subito a cambiare senza aspettare che sia
troppo tardi. E’ il discorso di Allegri che sta insistendo a far giocare
Llorente, un giocatore che è in chiara difficoltà fin dall’inizio del
campionato. In panchina, invece, scalpita Morata, il rampollo arrivato
quest’anno da Madrid che ha già dato ampie garanzie di affidamento. Lucidità nella corsa, freschezza atletica e grande voglia di fare per mettersi in mostra. E allora,
perché insistere su un giocatore come Llorente che sembra così evanescente
rispetto all’anno scorso? Intendiamoci, non è che solo lui sia la causa negativa
della Juve di Allegri che, rispetto a quella di Conte, ha di simile soltanto
l’assetto tattico del 3-5-2. Dopo aver visto la partita infrasettimanale di
campionato contro il Genoa a Marassi, abbiamo analizzato la sconfitta dei
bianconeri come qualcosa che va oltre il palo colpito da Llorente, la traversa
di Ogbonna e le parate incredibili di Perin che in una partita di calcio ci
stanno pure. E, se il Genoa ha vinto una partita che non pensava di vincere, il demerito
è sicuramente di una Juve che è affetta da molti problemi. La precaria
condizione di forma di Pirlo (tenuto fuori da Allegri), di Vidal, Asamoah,
Lichtsteiner, oltreché di Llorente, ci fa pensare che una squadra come la Juve
non possa fare a meno di giocatori che sono stati essenziali per la conquista
di tre scudetti consecutivi e record da vendere. Come dicevamo pocanzi, la
Juventus di Allegri ha soltanto una similitudine con quella di Conte, e cioè
l’assetto tattico del 3-5-2. Per il resto la squadra di quest’anno appare
molto meno spronata e pungolata ad agire fino al 94’ minuto senza mai subire
rallentamenti di sorta. Il gol di Antonini, subito dalla Juve all’ultimo secondo,
è la chiara conferma di una squadra che non morde più come una volta. Sembra
più compassata, riflessiva, meno frenetica nel pressing che non è più
asfissiante come prima. Le due punte, Tevez e Llorente, erano abituate a
variare, a spostarsi a destra e a sinistra, favorendo l’inserimento dei
centrocampisti e, soprattutto, dei due esterni, cui Conte non faceva sconti nel
dare loro respiro. L’ordine era di non fermarsi mai, anche se vincevi con tre
gol di scarto dovevi crossare e dare palloni giocabili per le due punte che,
comunque, non dovevano mai essere statiche. E così, se Allegri, suo malgrado,
deve inventarsi Marchisio nel ruolo di regista per sostituire Pirlo che non
riesce ad entrare in forma e Pogba che da solo non può certamente coprire le
manchevolezze degli altri, ecco che la Juve fatica a centrocampo. E quando nel
calcio è proprio il centrocampo a non fare filtro tra difesa e attacco, ecco
che tutti i nodi vengono al pettine. E’ vero che la Juve è prima in classifica
al pari della Roma con 22 punti, ottenendo 7 vittorie, 1 pareggio e 1
sconfitta con 16 gol fatti e 4 subiti, tuttavia, la mancanza di fluidità della
manovra, le amnesie riscontrate e l’apparente mancanza di quell’umiltà che
aveva manifestato nel triennio di vittorie ottenute, fa suonare un campanello
d’allarme tutt’altro che trascurabile. In questi due mesi che mancano alla fine
dell’anno 2014, la Juventus è chiamata al passaggio del turno in Champions
League, a proseguire in testa alla classifica del campionato e a pensare alla
sfida di Supercoppa Italiana contro il Napoli, che si svolgerà il 23 dicembre
prossimo a San Siro. Niente male come impegni di squadra di calcio a un certo
livello. Ma la Juve è una squadra di qualità che deve dimostrare ancora tanto.
Il gioco prima di tutto. E poi ritrovare quella brillantezza di manovra che
sembra aver perso per strada.
Salvino
Cavallaro