I lettori che sono soliti seguirci attraverso
le pagine di calcio pubblicate su questo sito web, nel tempo si saranno accorti
quanto sia equilibrato il nostro metro di giudizio su questa o quella squadra.
Certo, non abbiamo la presunzione di trattare un argomento di così alto indice
di opinabilità, senza quell’oggettiva misurazione che è tipica dei cronisti sempre
attenti a riportare ciò che vedono, piuttosto che enfatizzare senza costrutto
ciò che nessuno ha visto. Questione di stile, di coerenza, di rispetto della
deontologia che va oltre ogni fede sportiva, ma che ha l’obbligo di manifestarsi
costantemente in modo da esprimersi come super partes. Detto questo, vogliamo
mettere il punto sulla Juventus che abbiamo visto ieri sera allo Stadium, nel
corso della partita dei quarti di finale di Coppa Italia contro il Milan.
Spesso abbiamo criticato aspramente la Vecchia Signora d’Italia, mettendo sotto
accusa Massimiliano Allegri per una non precisa connotazione tattica, in una
squadra dall’alto potenziale tecnico che non poteva certamente essere quella
vista all’inizio di stagione contro l’Inter, poi contro il Milan in campionato
e a Doha, e ancora contro il Genoa e la Fiorentina. Scoppole causate da una
incredibile confusione tattica, che è stata l’artefice di una inspiegabile
mancanza di autostima di calciatori ad altissimo livello tecnico, spesso dominati
anche da avversari inferiori. E allora ci siamo prodigati in analisi anche
acerrime, manifestate sempre nell’intento di costruire e mai per il gusto
satanico di distruggere. E, quando abbiamo evidenziato l’incertezza e il non
coraggio di Allegri nel sapere assemblare un centrocampo di qualità a beneficio
dell’armonia del gioco d’attacco, attraverso quei giocatori le cui
caratteristiche assicurano pressing alto e abnegazione nei momenti in cui c’è
da interdire, non ci sbagliavamo. Dopo la figuraccia rimediata a Firenze, la Juve
ha deciso di cambiare se stessa nella consapevolezza della sua reale forza. E
così, dopo averla ammirata in campionato contro la Lazio, abbiamo avuto il
replay contro il Milan, nella partita di Coppa Italia. Il 4-2-3-1 di fresca
attuazione bianconera, garantisce una squadra con un baricentro alto e
destinata a un pressing corale e avanzato, capace di soffocare sul nascere le
velleità di ripartenza dell’avversario. Il coraggio di far giocare lì davanti,
Cuadrado, Dybala, Higuain, Pjanic e Mandzukic ha dato i suoi frutti, perché la
squadra si è espressa in maniera da far vedere giocate di calcio di alta
scuola, non solo a beneficio dello spettacolo, ma con la concretezza mentale di
fare gol per vincere. Ed è stata tale la propulsione ad offendere l’avversario,
che già nei primi 20 minuti del match la Juve vinceva 2 a 0, avendo segnato prima
con Dybala attraverso un destro sferrato in velocità , e poi con Pjanic, grazie
a un bellissimo calcio piazzato degno del miglior Andrea Pirlo. Poi, nel secondo
tempo, il Milan di Montella per lunghi tratti ha messo in seria difficoltà la
Juve che ha abbassato, forse per fatica, il suo baricentro di centrocampo,
dando così l’opportunità a Bacca di dimezzare lo svantaggio iniziale. Poi, pur
restando in dieci uomini per l’espulsione di Locatelli per doppia ammonizione, il
diavolo rossonero ha continuato a crederci con caparbietà, senza tuttavia
alcuna seria concretezza di pareggiare i conti. La Juve, che non è stata quella
del primo tempo, ha però sfiorato il terzo e il quarto gol con Mandzukic e
Pjanic in due delle tante ripartenze bianconere. Ma, il non mettere al sicuro
il risultato fin dal primo tempo, in cui la Juve ha continuato ad avere
superiorità numerica a centrocampo e aggressività fuori dalla norma, lascia
riflettere che c’è ancora da lavorare sulla tenuta mentale e fisica, per
mettere al sicuro il risultato e poi saperlo gestire con razionalità, senza
dover soffrire il ritorno pericoloso degli avversari. E adesso che Max Allegri
si è convinto dell’importanza di far giocare insieme i cinque giocatori
(Cuadrado, Dybala, Higuain, Pjanic e Mandzukic) che fanno la differenza e che
hanno capito l’importanza di sacrificarsi a turno in fase di contenimento dell’avversario,
ci auguriamo che anche fuori dalle mura dello Stadium si continui su questa
strada, che prepara degnamente i bianconeri al prossimo turno di Champions
League. Un assetto tattico premiante, capace di valorizzare le caratteristiche
tecniche di un Pjanic che fino ad oggi sembrava essere un misterioso calciatore,
e un Higuain che abbiamo scoperto nella maturità e completezza di campione, non
solo di fare la differenza nel segnare gol, ma anche di dare concretamente una
mano alla squadra nel momento del bisogno. Così Mandzukic, Cuadrado, Pjanic e
Dybala. Ecco, diremmo proprio che la nostra analisi su questa “nuova” Juventus
dal volto stellare finisce qui, ma con un punto interrogativo che adesso riguarda
il coraggio di saper continuare su questa strada anche fuori casa. Ma Allegri,
ci sorprenderà ancora nel volere cambiare la squadra in maniera guardinga, affidandosi
a un centrocampo di quantità? Vedremo!
Salvino
Cavallaro
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