Un pallone, soldi a palate, tante polemiche
per avere organizzato una supercoppa italiana in un Paese ancora troppo lontano
dal rispetto dei fondamentali diritti umani. Così, dopo aver programmato questo
evento a Gedda in Arabia Saudita, noi cronisti ci troviamo a riflettere più sul
lato sociale e degli esorbitanti interessi che fanno capo al dio denaro,
piuttosto che porre in analisi una partita che non ha riservato emozioni sotto
il profilo squisitamente tecnico. Infatti, più volte durante la partita abbiamo
cercato di inventarci un sussulto adrenalinico capace di ricordarci che quella
che stavamo vedendo era la finale di Supercoppa Italiana tra Juventus e Milan.
E allora abbiamo elaborato i pochi momenti (davvero esigui in verità) che hanno
giustificato un palcoscenico del pallone ad alti livelli. Tra la rovesciata di
Ronaldo alla traversa di Cutrone, ci sono stati pochi spunti di calcio vero da
raccontare. Lo stadio stracolmo di circa 62 mila spettatori, di cui 15 mila
donne relegate forzatamente nel settore riservato alle famiglie, non hanno
trasmesso sul campo quel tifo capace di dare significato al valore di una Supercoppa
contesa da due squadre italiane che, oltre ad ambirla per il proprio prestigio,
dava l’opportunità di superarsi, visto che entrambe avevano vinto per sette
volte questo ambito trofeo. Come dicevamo ha vinto la Juventus con il solito
CR7, che ha infilato un gol di testa a un Donnarumma che per l’occasione non è
apparso completamente indenne da colpe. Ma c’è da dire che il Milan non è mai
stato a guardare, tanto è vero che già all’inizio della partita ha messo i
difficoltà la Juve che è apparsa lenta, prevedibile, troppo ferma sulle gambe e
talora anche monotona nel suo ripetuto incedere sugli esterni, Alex Sandro e
Cancelo. In tutto questo c’è da registrare una traversa colpita da Cutrone,
proprio quando le due squadre si trovavano sullo 0 a 0. Tuttavia, vogliamo
ritornare a rimarcare l’assenza di calore sportivo il quale dagli spalti non è
stato in grado di dare impulso a un match che è mancato di furore agonistico. Qualcuno
l’ha addebitato al caldo, qualche altro s’è perso tra le mille polemiche dettate
da un Higuain assente, bizzarro e capriccioso, il quale sembra ormai destinato
alla corte di Sarri nel Chelsea. Ma la realtà è che per gli smisurati interessi
economici che vanno a gonfiare le casse di società e Federazione calcio
italiana, si è persa l’identità di eventi calcistici che restano privi del loro
significato principe: l’anima. E’ come se il pallone si fosse svuotato,
sgonfiato di calcio e gonfiato del dio denaro. Troppo lontana l’Arabia Saudita
dal nostro modo di intendere culturalmente quel calcio che resta pur sempre fermento
emotivo e passione che coinvolge tutti, uomini, donne e bambini senza distinguo
alcuno e senza motivi di anacronistici separatismi. La lussureggiante e
numericamente altissima presenza di spettatori presenti allo stadio King
Abdullah Sport City di Gedda, è stata la fredda cornice di uno stadio
megagalattico privo di cuore, di passione, di adrenalina. Sì, la Juve ha vinto
grazie al suo CR7 che incornicia la prima Coppa vinta in bianconero, scrivendo
la storia sul libro delle 8 Supercoppe italiane conquistate con il fregio di
essere sempre la prima in Italia. Tuttavia, ci siamo sforzati di emozionarci,
di inventarci un qualcosa che desse il valore a una finale troppo sterile di
gioco sul campo e di passione sugli spalti. Peccato, ci auguriamo di rivedere presto
in questa Juventus ciò che oggi è mancato.
Salvino
Cavallaro
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