Sette finali perse. Per la Juventus continua la
maledizione Champions. Ma più che al fato avverso, questa volta sarebbe più
opportuno fare un’analisi tecnico – tattica di quello che è stato lo
svolgimento della finale per la conquista della Coppa dalle Grandi Orecchie. L’ha
vinta il Real Madrid, infliggendo un salasso di 4 reti alla Juve, che di gol ne
ha realizzati soltanto 1. Ma prima di addentrarci sulla partita,vorremmo fare
cenno ai gravi fatti accaduti a Torino proprio nel suo salotto storico di
Piazza San Carlo, dove era stato messo uno dei maxi schermi per seguire la
finale di Champions. Una piazza gremita di sostenitori arrivati da ogni parte d’Italia,
faceva da cornice a quell’irraggiungibile Millennium Stadium di Cardiff, che è
risultato costoso e già esaurito in tutti i suoi posti. Troppa gente in quella
piazza di Torino, tanto è vero che a un certo punto si è scatenato il finimondo
a causa di un rumore che ha fatto subito pensare a un attentato. La calca era
troppa e a causa del fuggi fuggi generale, oltre 1500 persone si sono
calpestate e ferite, mentre due versano in condizioni disperate in ospedale. Ci
sentiamo di potere dire che la Juventus in questa particolare occasione,
avrebbe dovuto proporre alle Istituzioni di Torino, di fruire del suo Stadium.
Certo, con il senno di poi tutto è più facile, ma la prevista folla di tifosi
juventini che volevano assistere alla finale di Champions, avrebbe dovuto
consigliare una migliore organizzazione. Detto questo, passiamo alla partita di
Cardiff. Dopo un primo tempo che aveva fatto sperare in un epilogo positivo, la
Juventus si è sciolta come neve al sole. Ma, a dire il vero, anche nel primo
tempo, nonostante il bellissimo gol di Mandzukic che ha pareggiato dopo pochi
minuti quello segnato da Cristiano Ronaldo, abbiamo visto una Juve lenta che ha
sbagliato molti passaggi, soccombendo così a un Real Madrid capace di arrivare
sempre primo su ogni pallone. Abbiamo visto Dybala sbagliare tocchi e fraseggi
che dovrebbero essere naturali per un talento come lui. Anche Gonzalo Higuain
ha deluso le aspettative perché non è mai riuscito a far salire la squadra,
fallendo come spesso gli è successo in carriera l’appuntamento con le partite
importanti. Tranne un tiro di destro sferrato da fuori area nel primo tempo e il
passaggio di sponda che ha dato a Mandzukic la possibilità di realizzarsi in un
gesto tecnico pregevole, l’argentino non è mai riuscito a superare Ramos e
Varane. Ma a parte la notte da dimenticare per la BBC, è il centrocampo della
Juve che nel secondo tempo è letteralmente naufragato. Khedira e Pjanic sono
stati surclassati da Casemiro (che ha segnato un bellissimo gol) e Kroos,un
calciatore tosto capace di costruire e interdire con immutata capacità. E
allora, quando nel calcio si capisce fin da subito che non è serata, deve
intervenire l’allenatore che a gara in corso deve rileggere la partita,
apportando in tempo utile gli accorgimenti del caso. Allegri l’ha fatto, ma
come al solito tardivamente. Cuadrado e Marchisio dovevano essere impiegati all’inizio
del secondo tempo, anche se, a parer nostro, il “principino” avrebbe dovuto
trovare spazio fin dall’inizio della gara al posto di un Khedira apparso in
chiaro appannamento di forma. Troppo lento il passo del tedesco, troppo
prevedibile il suo agire in una zona nevralgica del campo. Dunque, il Real
Madrid ha meritato di vincere la sua 12ma Coppa, per chiara superiorità tecnica
e tattica, data da una maggiore freschezza atletica e dall’abitudine che per i
blancos significa esperienza a partecipare alle finali con l’ardire di vincere.
Quello che è mancato alla Juve è stato proprio ciò che si diceva all’inizio; e
cioè che era matura, consapevole nei propri mezzi e capace di affrontare
chiunque senza condizionamenti reverenziali. Il campo ha detto tutto il
contrario, e cioè che Dybala ha ancora bisogno di maturare per raggiungere i
livelli di Messi e CR7, che Higuain deve essere messo in condizione di fare gol
in una posizione più avanzata in un modulo che preveda la verticalizzazione del
gioco e che, soprattutto, c’è bisogno di arrivare al traguardo senza farsi
umiliare dall’avversario, come stasera è successo contro la squadra di Zidane.
Non basta avere in squadra il volenteroso Mandzukic (sempre cinico, utile ai
compagni, anche se poco brillante), Dani Alves, intelligente manovratore di
lunghe battaglie ad alto livello, che mette in mostra la sua classe
cristallina, Alex Sandro che spesso fa cose buone in quella fascia alta di
sinistra e poi pecca in fase difensiva. Non basta ancora. Tuttavia, nonostante
il rammarico di avere perso l’ennesima finale di Champions che mai come questa
volta era a portata della Juventus, dobbiamo dire che l’amarezza non può
sostituire il senso di approvazione per quanto la squadra di Allegri ha saputo
fare vincendo il sesto scudetto consecutivo e la Coppa Italia. Non è poco,
nonostante essere uscita con le ossa rotte da una finale che significava
conquista della Coppa cui tutto l’ambiente juventino ambiva più d’ogni altra
cosa. Non è arrivato il triplete tanto auspicato, ma la Vecchia Signora ci
riproverà ancora, anche se questa amara pagina di storia resterà negli annali
di una delusione europea iniziata il 30 maggio 1973 e proseguita fino ad oggi
con due sole eccezioni: le finali di Roma e Bruxelles. Dunque, anche se questa
ferita per la Vecchia Signora sarà difficile da rimarginare, ci si deve
sforzare di ricordare che questo anno calcistico 2016’17 è da ritenersi
assolutamente positivo. Adesso si pensi a migliorare la squadra e la si costruisca
in virtù di una presenza continua in Europa, che significa anche e soprattutto
arrivare primi per alzare più volte al cielo quella Champions League che per la
Juve sembra davvero stregata. Una società di calcio di così alto prestigio, di
ottimo fatturato, che si fregia del maggior numero di tifosi in Italia, deve
poter recuperare negli anni quanto ha perso in campo europeo.
Salvino
Cavallaro
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