HIGUAIN, AI GIUDICI DELLA FIGC: “SONO UN RAGAZZO PERBENE…”


Dopo i noti fatti di
Udine successi due settimane fa, in cui Gonzalo Higuain a seguito della sua espulsione
si scagliò contro l’arbitro Irrati mettendogli le mani addosso e pronunciandogli
in faccia l’epiteto “vergognoso”, gli è stata ridotta la squalifica di una
giornata. Da quattro, passano a tre i turni di squalifica dell’argentino, che
adesso potrà giocare la partita contro la Roma. “Sono un ragazzo perbene”
ha detto Higuain alla commissione dei giudici della FIGC. Una difesa che non
toglie la gravità dell’episodio, pur con tutte le attenuanti della concitazione
di un momento in cui l’adrenalina pulsava a mille. Già, un ragazzo perbene. E
ci mancherebbe pure che nelle nostre domeniche calcistiche dovremmo assistere a
uno sport praticato da atleti poco di buono. Tutti devono considerarsi “perbene”, ma bisogna dimostrarlo
proprio nei momenti meno facili, perché riflettendo a freddo tutto diventa più semplice.
Tuttavia, riteniamo che in tutta questa storia pallonara che non deve
indignarci più di tanto, perché non è la prima che succede e non sarà nemmeno l’ultima,
resta incancellabile la non equità di interpretazione dei falli da parte della
classe arbitrale. Da parte del Napoli e dei suoi tanti sostenitori si è fatto
spesso cenno alla diversità di trattamento che l’arbitro Rizzoli ha avuto nei confronti
di Bonucci durante il derby torinese. Tutti ricorderanno che a seguito del
rigore che l’arbitro concesse a favore del Torino per atterramento in area di
rigore di Bruno Peres, il difensore della Juventus si scagliò a muso duro
contro il direttore di gara. Fu un testa a testa che suscitò non poche
polemiche, visto che Rizzoli si limitò ad ammonire il calciatore della Juve. E
così tutti si sono chiesti perché non l’avesse espulso. In effetti, a
prescindere della gravità o meno di cosa è stato detto verbalmente in quella
circostanza, resta il fatto grave che all’arbitro non è permesso da regolamento
nessuna spinta intimidatoria o un testa a testa che dia il senso di un’altrettanta
provocazione. Giusta o sbagliata, la decisione dell’arbitro si deve accettare
contestandola magari in maniera lecita, pur con tutto il patos e il nervosismo che
una partita di calcio racchiude. Dunque, per evitare frasi e convincimenti
mentali di disuguaglianza e di protezionismo nei confronti di questa o quella
squadra, gli arbitri devono applicare il regolamento allo stesso modo. L’espulsione
immediata deve scattare nel momento in cui il calciatore si avvicina all’arbitro
con fare minaccioso. Non c’è colore di maglia che tenga. E finché non si farà
così, si parlerà sempre di ingiustizie e riverenza nei confronti di chi, forse,
non ha neanche bisogno di certi favoritismi che ne sminuiscono l’immagine.
Dalla prossima stagione si sperimenterà la moviola in campo, e chissà che di
fronte all’evidenza di certi fatti avvenuti in campo, non si cerchi ancora di
negare ciò che agli occhi è evidente a tutti.
Salvino
Cavallaro