SUPERGA, 69 ANNI DOPO LA TRAGEDIA DEL GRANDE TORINO


Per non dimenticare. Quante volte abbiamo
scritto e riscritto questa frase che vuole sollecitare la memoria di fatti accaduti
che hanno segnato la storia dell’Italia e del mondo. Già, “Per non dimenticare”. E come si può dimenticare quel 4 Maggio 1949
in cui la tragedia di Superga con la caduta dell’aereo e la morte degli
Invincibili calciatori del Grande Torino, rese a lutto il mondo intero. Sembra
essersi fermato il tempo, eppure sono passati 69 anni da quel giorno maledetto
in cui il Grande Torino stava rientrando a casa da Lisbona. Eppure, quando ci
capita di andare a Superga e fermarci davanti a quella lapide che fu il luogo
dello schianto di quell’aereo, ci sembra che tutto sia successo ieri. E se in quell’anno
fatidico tu non eri ancora nato, hai assorbito comunque quell’immenso dolore
come fosse tuo, come se ti appartenesse, come se l’avessi vissuto assieme ai
testimoni oculari di quel tempo. C’è chi era bambino, chi ragazzo e chi era già
uomo vissuto, ma quel dolore che ancora oggi, noi che non c’eravamo abbiamo
ereditato, lo somatizziamo nell’anima come retaggio di una storia unica che ci
porteremo dentro fino alla fine dei nostri giorni. E allora possiamo
comprendere meglio coloro i quali hanno vissuto in prima persona quello
strazio, quella tragedia, quell’urlo di dolore che oggi a 69 anni di distanza è
ancora vivido, così come lo sarà quando saranno passati 100, 150 o chissà
quanti altri anni. Sì, perché quella storia, quella tragedia e il momento di
quel maledetto giorno di Maggio che resterà per sempre, si tramanderà di
generazione in generazione non come semplice fatto di storia calcistica
appartenente soltanto ai tifosi del Torino, ma sarà considerato nel tempo come
un periodo storico della nostra Italia che stava rialzando lentamente la testa
dopo la distruzione della guerra. Ecco, ci verrebbe proprio da dire che la
tragedia del Grande Torino deve accostarsi come fatto storico sociale e
culturale, al già grande legame calcistico di una squadra imbattibile che era
l’orgoglio d’Italia. Certo, pensando a ciò che è il significato del calcio di
oggi, stride il pensiero di un pallone intimamente legato al cuore, ai
sentimenti, alla passione per uno sport antico che nell’era moderna si è
sbarazzato dei valori umani e sportivi, come fossero un intralcio alla sete del
dio denaro. Ma ciò che resta di quel 4 Maggio 1949 è il ricordo, la commozione
nel riecheggiare quell’urlo di tragedia che ancora oggi ti pare di avvertire
quando sei lì, davanti a quella lapide con i nomi di tutti i mitici calciatori
del Grande Torino e dell’equipaggio che con loro perì. E’ la storia, è
l’attimo, è il momento, è il dolore che ci è stato tramandato da chi c’era quel
giorno e del quale facciamo tesoro ancora oggi, 4 Maggio 2018, quando alle
17,05 sentiremo quello schianto che ci fa riflettere ormai da anni sul perché di
vite spezzate, in cui l’essere umano nulla può contro qualcosa che sembra
scritto dal destino stesso. Allora, come oggi. Ma la pochezza ormai consueta del
Torino di oggi che da anni mostra un gap incolmabile con il suo glorioso
passato, fa riflettere il popolo granata sull’incapacità degli uomini (presidenti
e dirigenti) che si sono succeduti nel tempo. E allora resti disarmato e ti
chiedi se in fondo il Torino F.C. è solo una grande storia fatta di sentimenti legati
al cuore e niente più. Così dice il presidente Cairo: “Il Torino non riguarda
strettamente la società, è una cosa personale e cerco di gestirla al meglio
delle mie possibilità”. Noi non crediamo che al popolo granata interessi
più di tanto l’entrata in borsa dell’azienda Torino F.C. Ciò che desidera è un
Toro che faccia innamorare attraverso un pallone vincente che non sia solo l’orgoglio del passato, ma
anche di un presente che purtroppo non c’è più da troppo tempo.
Salvino
Cavallaro