TRA LACRIME E MOMENTI DI GIOIA


Ci sono storie nel calcio che
colpiscono per la loro capacità di assomigliare alla vita. Sentimenti ed
emozioni s’intersecano visibilmente al gioco del pallone che, rotolando in mezzo
al campo, sprigiona la magia di un mondo che spesso vediamo in maniera
superficiale. Tutto si sviluppa tra passaggi, cross, calci d’angolo e gol. Le
tecniche e le tattiche di gioco fanno sbizzarrire allenatori, giocatori e
addetti ai lavori, mentre il pubblico e lì, a fare il tifo e a vivere gli oltre
novanta minuti di passione. Il campionato mondiale do Brasil che stiamo vivendo
sera dopo sera da un mese a questa parte, non fa emergere soltanto questioni tecniche
e non fa discutere soltanto di eterne ingiustizie, sviste arbitrali, colpe e
meriti di vario genere. Il pallone mondiale ha sviscerato sentimenti profondi
che, talvolta, commuovono per una contemporaneità di sentimenti che si
contrappongono in maniera crudele. Dai quarti di finale in avanti e fino
all’attesissima finale, lacrime di disperazione e gioie sfrenate si
contrappongono tra di loro al fischio finale dell’arbitro come fosse normalità,
come se ci fossero occhi, cuore e anima capace di partecipare soltanto con la
gioia dei vincenti, dimenticando il dramma di chi ha perso forse la partita più
importante della loro vita. Il match di semifinale tra Argentina e Olanda, non
ha avuto spunti tecnici e tattici degni di nota, anzi, se vogliamo, è stata una
partita dai connotati noiosi. Mai un affondo capace di sollecitare l’adrenalina
dello spettatore, mai una stimolante azione da gol degna degli altisonanti nomi
dei campioni in campo. Da Messi a Higuain, piuttosto che da Robben o Van Persie,
non si è mai visto nulla che fosse in grado di tenerci svegli, vista anche l’ora
tarda in cui sono trasmesse le partite a causa della differenza di fuso orario
tra Brasile e Italia. Così, tra uno sbadiglio e l’altro, Argentina e Olanda
terminano i tempi regolamentari e supplementari sullo 0 a 0. Si va dunque ai calci
di rigore che premiano l’Argentina per effetto di due penalty sbagliati dagli
olandesi. Adesso, dopo tanta attesa, c’è finalmente un timido accenno
all’emozione. Da una parte la gioia sfrenata degli argentini che già gustano l’idea
della finale contro la Germania e, dall’altra, le lacrime e la disperazione
degli olandesi che, per l’ennesima volta nella storia dei campionati mondiali,
si vedono estromessi e mai vincitori della tanto ambita coppa. Ma c’è un
particolare che è davvero degno di nota, ed è la corsa emozionante dell’olandese
Robben verso sua moglie e suo figlio che, visto l’insuccesso di papà, è
scoppiato in un incontenibile e disperato pianto. Vani sono stati i tentativi
di Robben di rincuorarlo, ma ciò che ha fatto più tenerezza è stata questa
partecipazione del bimbo alla delusione cocente di papà. Brucia dentro la
sconfitta, ancor più nella gioia legittima dell’avversario che festeggia la sua
vittoria. E’ il calcio, ma è anche la vita, con le sue contraddizioni e con le
sue regole da rispettare. C’è chi vince e c’è chi perde. D’altra parte, al
mondo non esistono soltanto i vincitori e neanche soltanto i perdenti. Gli uni
hanno bisogno degli altri, in un gioco spietato che si ripete sempre con lo
stesso iter. Adesso aspettiamo la finale tra Argentina e Germania, sono
assicurate lacrime, abbracci di gioia ed emozioni. Ciò che non è garantito,
almeno in partenza, è lo spettacolo del pallone che, attanagliato com’è
dall’alta posta in palio, è spesso penalizzato. Comunque, come sempre, vinca il
migliore. Noi italiani guarderemo la finale con altri occhi e un pizzico
d’invidia, perché il nostro sogno è già svanito sul nascere.
Salvino
Cavallaro