DAVIDE NICOLA, QUANDO IL CALCIO È METAFORA DI VITA


"Ciao amore mio, Non so dove sei. Non so cosa
starai facendo. Forse sei su quella nuvola che era su di me quella sera, quando
correvo per far volare la tua lanterna. O forse sei qui accanto a me. Sì, sono
sicuro che sei qui con me. Abbiamo lottato insieme in questo anno
complicatissimo, ma… Oggi so che tu sei sempre stato lì con me. Sei riuscito
con la tua energia a darmi la forza di lottare e di continuare a inseguire
l’impossibile possibile, il possibile probabile, e il probabile certo. Ale,
questa non è la mia vittoria, ma la nostra, proprio come quella della
promozione in Serie A del Livorno. Avrei voluto gioire con te, guardare i tuoi
occhi e il tuo sorriso, prenderti per mano e insieme correre e festeggiare.
Tutto questo è solo per te e ogni mia conquista è la tua, ogni mia vittoria
sarà la tua, ogni mio sogno sarà anche il tuo. Voglio che il mio cuore continui
a battere per te e tu possa vivere ancora attraverso me…
Le Sei Perfezioni: generosità, disciplina, pazienza,
perseveranza, concentrazione e conoscenza trascendente (Dalai Lama)".
E’ la
commovente lettera che Davide Nicola,
ex calciatore e oggi allenatore del Crotone, ha scritto al proprio figlio
Alessandro deceduto alla tenera età di 14 anni a causa di un incidente
stradale. Una lettera struggente scritta proprio il giorno della sua grande
gioia, per avere realizzato il sogno di salvare dalla retrocessione il suo
Crotone. Parole struggenti, cariche di emozione, capaci di infiltrarsi tra le
pieghe dell’anima. Sono storie di vita e di pallone che si intrecciano come
fulcro di sentimenti, che troppe volte sembrano nascosti da iperbolici
interessi economici e da mille banalità che sanno di insipido. E’ il
manifestarsi della gioia che quasi cerca il dolore per vivere più intensamente
gli attimi, i palpiti, i momenti irripetibili che la vita stessa ci mette
davanti anche quando meno te l’aspetti. Questa lettera, liberamente pubblicata
su Facebook dallo stesso Davide Nicola, toglie quasi l’imbarazzo ai media di
entrare (talora con eccessiva curiosità) nella sfera più intima dell’uomo, oltrepassando
i limiti della sensibilità e del rispetto verso la privacy del dolore. E’ l’eterno
scotto che i personaggi pubblici si trovano a dover pagare nel bene e nel male
della loro vita privata. Ma a tutto c’è un limite e in questa particolare
occasione, è proprio il diretto interessato a volere pubblicare un testo
scritto e ispirato dal cuore di un padre, come fosse quasi un desiderio
personale di condividere con l’opinione pubblica qualcosa che altri avrebbero
tenuto per sé. Certi gesti, certe emozioni, certi sentimenti che fuoriescono
dall’intimo dell’anima dell’uomo, non possono che far bene a chi li trasmette e
a chi li riceve come dono prezioso di vita. Come insegnamento. Il dolore di un’esperienza
personale che fa riflettere sul senso della vita, dopo la morte di un figlio
prematuramente scomparso ma che continua a vivere in te e con te ne condivide
gioie e dolori. “Avrei voluto gioire con
te, guardare i tuoi occhi e il tuo sorriso, prenderti per mano e insieme a te correre e festeggiare” scrive
Nicola. Parole toccanti, coinvolgenti, dedicate a un figlio che non c’è più perché
il destino l’ha portato via ingiustamente. “Oggi
so che tu ci sei, sei sempre stato
lì con me….”, quasi fosse ancora un’esigenza, un voler lottare insieme,
essere sempre l’uno per l’altro per gustare le gioie e soffrire per il dolore.
Papà Davide e figlio Alessandro, un cordone ombelicale mai reciso neanche dal
fato più avverso. Ma che cos’è mai questo pallone che crea questi pensieri, che
fa piangere e impazzire di gioia, che mette in mezzo gli affetti più cari, che
ci fa vivere momenti di riflessione interiore tra facce scure di tristezza e
abbracci e sorrisi di immenso gaudio. Che cos’è! E’ la metafora della vita che
si svolge in un rettangolo di gioco dal manto erboso, con due porte dove fare
entrare il pallone e 22 calciatori che si contendono la vittoria. Uno vince, l’altro
perde o si pareggia. Ma ciò che resta è l’uomo con i suoi drammi di vita
quotidiana, con le sue inquietudini, con i disagi, ma anche con la gioia delle
conquiste spesso condivise con chi non c’è più. Così com’è accaduto tra papà Davide Nicola e suo figlio Alessandro, un angelo
volato in cielo ma che è sempre accanto a lui.
Salvino Cavallaro