DAVIDE NICOLA, QUANDO IL CALCIO È METAFORA DI VITA


Una lettera di rara intensità emotiva.
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Crotone, 01/06/2017 -


"Ciao amore mio, Non so dove sei. Non so cosa starai facendo. Forse sei su quella nuvola che era su di me quella sera, quando correvo per far volare la tua lanterna. O forse sei qui accanto a me. Sì, sono sicuro che sei qui con me. Abbiamo lottato insieme in questo anno complicatissimo, ma… Oggi so che tu sei sempre stato lì con me. Sei riuscito con la tua energia a darmi la forza di lottare e di continuare a inseguire l’impossibile possibile, il possibile probabile, e il probabile certo. Ale, questa non è la mia vittoria, ma la nostra, proprio come quella della promozione in Serie A del Livorno. Avrei voluto gioire con te, guardare i tuoi occhi e il tuo sorriso, prenderti per mano e insieme correre e festeggiare. Tutto questo è solo per te e ogni mia conquista è la tua, ogni mia vittoria sarà la tua, ogni mio sogno sarà anche il tuo. Voglio che il mio cuore continui a battere per te e tu possa vivere ancora attraverso me…



Le Sei Perfezioni: generosità, disciplina, pazienza, perseveranza, concentrazione e conoscenza trascendente (Dalai Lama)".

 

E’ la commovente lettera che Davide Nicola, ex calciatore e oggi allenatore del Crotone, ha scritto al proprio figlio Alessandro deceduto alla tenera età di 14 anni a causa di un incidente stradale. Una lettera struggente scritta proprio il giorno della sua grande gioia, per avere realizzato il sogno di salvare dalla retrocessione il suo Crotone. Parole struggenti, cariche di emozione, capaci di infiltrarsi tra le pieghe dell’anima. Sono storie di vita e di pallone che si intrecciano come fulcro di sentimenti, che troppe volte sembrano nascosti da iperbolici interessi economici e da mille banalità che sanno di insipido. E’ il manifestarsi della gioia che quasi cerca il dolore per vivere più intensamente gli attimi, i palpiti, i momenti irripetibili che la vita stessa ci mette davanti anche quando meno te l’aspetti. Questa lettera, liberamente pubblicata su Facebook dallo stesso Davide Nicola, toglie quasi l’imbarazzo ai media di entrare (talora con eccessiva curiosità) nella sfera più intima dell’uomo, oltrepassando i limiti della sensibilità e del rispetto verso la privacy del dolore. E’ l’eterno scotto che i personaggi pubblici si trovano a dover pagare nel bene e nel male della loro vita privata. Ma a tutto c’è un limite e in questa particolare occasione, è proprio il diretto interessato a volere pubblicare un testo scritto e ispirato dal cuore di un padre, come fosse quasi un desiderio personale di condividere con l’opinione pubblica qualcosa che altri avrebbero tenuto per sé. Certi gesti, certe emozioni, certi sentimenti che fuoriescono dall’intimo dell’anima dell’uomo, non possono che far bene a chi li trasmette e a chi li riceve come dono prezioso di vita. Come insegnamento. Il dolore di un’esperienza personale che fa riflettere sul senso della vita, dopo la morte di un figlio prematuramente scomparso ma che continua a vivere in te e con te ne condivide gioie e dolori. “Avrei voluto gioire con te, guardare i tuoi occhi e il tuo sorriso, prenderti per mano e insieme a te correre e festeggiare” scrive Nicola. Parole toccanti, coinvolgenti, dedicate a un figlio che non c’è più perché il destino l’ha portato via ingiustamente. “Oggi so che tu ci sei, sei sempre stato lì con me….”, quasi fosse ancora un’esigenza, un voler lottare insieme, essere sempre l’uno per l’altro per gustare le gioie e soffrire per il dolore. Papà Davide e figlio Alessandro, un cordone ombelicale mai reciso neanche dal fato più avverso. Ma che cos’è mai questo pallone che crea questi pensieri, che fa piangere e impazzire di gioia, che mette in mezzo gli affetti più cari, che ci fa vivere momenti di riflessione interiore tra facce scure di tristezza e abbracci e sorrisi di immenso gaudio. Che cos’è! E’ la metafora della vita che si svolge in un rettangolo di gioco dal manto erboso, con due porte dove fare entrare il pallone e 22 calciatori che si contendono la vittoria. Uno vince, l’altro perde o si pareggia. Ma ciò che resta è l’uomo con i suoi drammi di vita quotidiana, con le sue inquietudini, con i disagi, ma anche con la gioia delle conquiste spesso condivise con chi non c’è più. Così com’è accaduto tra papà Davide Nicola e suo figlio Alessandro, un angelo volato in cielo ma che è sempre accanto a lui.

 

Salvino Cavallaro  

Salvino Cavallaro