QUANDO MUORE UNA SOCIETÀ DI CALCIO.


Questo pallone che ci fa gioire, penare, abbracciare,
arrabbiare e poi adirarci gli uni contro gli altri, resta pur sempre una
passione dalla quale è impossibile privarsi. Vivi le tue domeniche calcistiche
aspettando di vedere la squadra del cuore e in settimana ti informi sullo stato
di forma di questo o quel giocatore, sperando che tutti siano in ordine per
vedere un bell’incontro. Ma quando tutto questo finisce, ecco che ti casca il
mondo addosso. Abbiamo seguito da lontano la recente storia negativa del Due Torri
di Piraino, squadra che militava nel girone I del Campionato Nazionale di Serie
D. Piraino è un piccolo paese in provincia di Messina, che conta circa 4000
anime. Il pallone era l’unico vero appuntamento della settimana, l’unico orgoglio
di uno sport che faceva parlare di se, anche fuori da quelle mura. E adesso che
il vecchio Stadio Enzo Vasi di Gliaca di Piraino (ricordiamo che Gliaca è la
frazione marina di Piraino) ha chiuso malinconicamente i battenti, sembra quasi
che il silenzio assordante che avvolge gli spalti vuoti, il terreno di gioco
senza vita e gli spogliatoi muti e orfani dell’urlo incoraggiante di squadra,
sia l’emblema di un abbandono che sa di rabbia. La scorsa estate avevamo
visitato questa piccola realtà calcistica del nord della Sicilia. Era un
pomeriggio assolato. L’orologio segnalava le ore 17,00, ma c’era un caldo incredibile.
Le scarpe affondavano nel catrame cotto dai raggi del sole, ma lì, all’interno
dello Stadio Enzo Vasi, si faceva sul serio e si preparava con orgoglio l’inizio
di un Campionato di Serie D che, per il Due Torri, si percepiva già fosse in
ripida salita. Tuttavia, lasciando perdere le paure di ciò che poi sarebbe stata
certezza, abbiamo visto i ragazzi iniziare il secondo allenamento della
giornata agli ordini del tecnico Antonio Venuto. La preoccupazione di un
fallimento traspariva già dagli sguardi dei ragazzi che attendevano l'incasso di alcuni
stipendi arretrati, ma il mister con fare deciso ha provato e riprovato schemi,
incursioni di gioco da parte degli esterni in fase offensiva e di interdizione,
con il chiaro intento di sgomberare dalla mente ogni idea che potesse avvilire
anche i muscoli e i polmoni dei suoi ragazzi. Era come vedere il comandante di
una nave che stava a galla per miracolo, ma che era obbligo credere che presto
sarebbe stata fluida e sicura nel suo incedere. E così abbiamo visto scendere le
gocce dalla fronte dei ragazzi di Venuto. Le maglie erano intrise di sudore e
di ansia, nonostante muscoli e polmoni fossero stati messi a dura prova in
quell’infuocato pomeriggio di inizio agosto che invogliava piuttosto un bel
bagno a mare. Ma sentirsi professionisti è anche questo. E’ capire il
sacrificio mentale e fisico per raggiungere un obiettivo ben preciso. E in
questo caso quale sarebbe stato l'obiettivo da raggiungere? Beh, in questa situazione più che ambire a far bene in campionato, c’era la speranza mai perduta
che la società potesse dare cenni di ripresa, di vita, di orgoglio. Quell’orgoglio
di onorata società di calcio di un piccolo paese della Sicilia, che negli anni
ha militato tra i dilettanti e poi ha assunto un meritato posto anche tra i
professionisti. Era come far parlare di sé, era come dare l’immagine di un
luogo a tanti sconosciuto ma che invece meritava di essere apprezzato. E quale
miglior mezzo se non il pallone che attrae e riempie di adrenalina anche i
cervelli più offuscati? Poi, tra settembre e metà dicembre scorso, si avvera
ciò che avresti voluto non si realizzasse mai in una società di calcio: l'abbandono di tutti. E
intanto da quel settembre di inizio campionato tante cose sembravano oscillare
come in un’altalena, prima fatta di rosea speranza e poi di buia realtà. Domeniche
interminabili con il pallone tra i piedi che veniva calciato con rabbia da
tutti i ragazzi di mister Venuto. L’avversario impersonava sempre più il
destino avverso e bisognava attaccarlo senza fargli prendere il sopravvento. Ma
le tante sconfitte, qualche pareggio e le sparute vittorie, si sono accumulate
ai punti di penalizzazione inflitti alla società per non avere adempiuto in
tempo agli obblighi previsti dal regolamento. Il Due Torri si è dunque trovato
ad essere (forse irrimediabilmente) ultimo in classifica. Una squadra che negli
anni precedenti aveva sempre ben figurato, sfiorando addirittura la
partecipazione ai play off. Ma adesso è lì a guardare tutti dal basso. E’ il
segno della fine. Mister Venuto ha rassegnato le sue dimissioni il 30 novembre
scorso e i suoi ragazzi hanno proseguito qualche domenica con un altro mister,
fino a quando hanno deciso di non scendere più in campo. Storie di promesse mai
mantenute, storie di linfa mai alimentata, storie di un pallone senza vita. Laconico
il presidente del Due Torri Giovanni Di Bartolo: “ La squadra è ferma da giorni, i calciatori sono stati inseriti tutti
in lista di svincolo. Non ci presenteremo ad Aversa e concluderemo con questa
rinuncia il girone d’andata”. Dopo
43 anni, 4 campionati di Serie D e nessuna retrocessione, il futuro del Due
Torri è dunque già scritto. Cala il sipario. La lettera di rinuncia che la
società invierà alla Lega Dilettanti, sarà l’ultimo atto di una commedia che
avremmo voluto si risolvesse con un altro epilogo. Sì, perché quando muore una
società di calcio è come se morisse una parte di noi che appassionati siamo di
pallone, a prescindere da quel tifo che ci lega da sempre alla nostra squadra
del cuore.
Salvino Cavallaro