Erano tanti mesi che il mondo
juventino aspettava con ansia questo fatidico 20 febbraio 2019. Ebbene, per la
Juventus quel 20 febbraio di Champions è arrivato disastroso come non mai,
sciagurato come nessuno poteva prevederlo. Ma quanto tempo ci vuole ancora
affinché la direzione tecnica della Vecchia Signora d’Italia si accorga coi
fatti e non a parole, che c’è una sostanziale differenza tra il calcio del
nostro campionato e quello della Champions? Max Allegri ha sbagliato e purtroppo non è la prima volta in
Champions, in cui il tecnico livornese sotto l’apparente sicurezza e la voglia
di mitigare l’ansia delle attese, nelle conferenze stampa di vigilia dichiara
di andare a giocare fuori casa (specie gli ottavi di finale in cui i gol
segnati valgono doppio) per imporre il proprio gioco. E così, anche questa
volta il buon Max non si è smentito ed ha dichiarato:”Andremo a giocare in casa dell’Atletico Madrid per segnare almeno
un gol……anzi, meglio due”. Già,
almeno un gol e meglio se sono due. Parole, nient’altro che parole, perché se
davvero volevi impostare il match per segnare un gol avresti dovuto avere più
coraggio alzando il centrocampo, verticalizzare le azioni d’attacco e dare
intensità a una manovra apparsa fin dall’inizio troppo flemmatica per impedire
agli avversari di travolgerti con fiammate che sono tipiche della squadra del
cholo Simeone. I Colchoneros hanno sovrastato in lungo e in largo la Juventus
con furore agonistico, cattiveria da “belve scatenate” capaci di arrivare
sempre primi sul pallone, corsa indemoniata per tutta la durata del match e
continuo ringhiare senza respiro su una Juventus apparsa inaspettatamente
inerme e disarmata. Così la squadra di Simeone ha vinto per 2 a 0 un match in
cui ha convinto soprattutto nella condizione smagliante di forma atletica e
mentale. E neanche il rigore prima assegnato dall’arbitro e poi giustamente
negato dal Var, più un gol segnato di testa da Morata, prima convalidato e poi neutralizzato
dal Var per evidente spinta dello spagnolo in area ai danni di Chiellini, hanno
scoraggiato i Colchoneros a demordere sull’esasperata voglia di sconfiggere la
temuta Juventus. Già, e la Juventus che ha fatto? Poca cosa! I bianconeri,
infatti, hanno fatto due tiri in porta, uno con CR7 su punizione bomba nel
primo tempo, mentre l’altro è stato scagliato da fuori area da Bernardeschi
subentrato a Dybala proprio sul finire della gara, quando ormai con il
risultato di 2 a 0 la frittata era già stata fatta. E allora la domanda che
sorge spontanea è questa: Perché la Juve
vista negli ultimi dieci minuti, quando è stata colpita nell’orgoglio ed ormai
tutto era segnato, non ha iniziato la gara con lo stesso cipiglio?
Evidentemente le intese tattiche volute da Allegri erano quelle di coprirsi,
attendere l’avversario e fare un possesso palla che è apparso subito sterile
nella sua logica di passaggi orizzontali, che hanno subito dato l’impressione
di far passare il tempo e portare a casa lo 0 a 0. No Allegri, così non va! In
campo internazionale non puoi avere timore dell’avversario e dell’ambiente
esterno creato da stadi come il Wanda
Metropolitano di Madrid. La
spinta di tifosi così accesi bisogna metterla in preventivo e bisogna
controbatterla con vigore attraverso il gioco e quella manovra capace di
azzittire tutti attraverso il gol. Non si può avere la pretesa di vincere la
Champions League senza dimostrare carattere, attributi e voglia arrembante di
spingere con forza ogni manovra d’attacco. Non si può! Adesso, il mondo Juve
aspetta il 12 marzo per riscattare una partita sbagliata sotto tutti gli
aspetti. Ma anche se giochi all’Allianz Stadium con il pubblico amico e hai Cristiano Ronaldo (100 milioni di euro
per acquistarlo e 30 milioni di contratto annuo moltiplicati per 4 anni) ma non
utilizzi scientemente l’alta qualità tecnica della totalità della tua squadra,
come puoi pretendere di ribaltare un risultato che per passare ai quarti di
Champions, a questo punto prevede di realizzare 3 gol senza subirne alcuno?
Vedremo! Fino alla fine!
Detto
questo, ci preme anche sottolineare l’assoluta caduta di stile del cholo
Simeone. Un gesto volgare, quello dell’allenatore dell’Atletico Madrid, un
gesto di reiterata rozzezza che gli è consono per averlo già esibito da
calciatore, dopo avere segnato un gol con la maglia della Lazio contro il
Bologna. Evidentemente la classe non mente e all’occorrenza fa emergere la
natura grossolana di un personaggio che non ha bene in mente la responsabilità
dell’essere professionista in un mondo del calcio che dovrebbe essere anche
esempio di comportamento e buona educazione, soprattutto per quei giovani che
frequentano e sognano di diventare un giorno calciatori affermati. Ma non è
questo ciò che si chiede a un professionista, che pur nell’esplosione
adrenalinica di un gol segnato dalla propria squadra, deve dimostrare il limite
nel manifestare la propria gioia. Adesso l’UEFA intervenga con multe
salatissime, almeno se vuole essere coerente con il suo tanto decantato FAIR
PLAY. Non è così che si mostrano gli attributi!
Salvino
Cavallaro
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