Pensiamo che il ricominciare del
calcio in Italia, sia addirittura terapeutico per la stragrande cerchia di appassionati
che ricominceranno a tifare per la propria squadra del cuore, sgombrando la
mente dalle paure e dallo stress provocato dalla pandemia da covid – 19. Ricominciare
è sempre un rialzarsi magari a fatica, scrollandosi di dosso fobie accumulate e
prodotte da immagini televisive di morti che non dimenticheremo più per il
resto della nostra vita. Ma ricominciare in tutti i settori sociali, non solo
nel calcio, ha il senso della speranza proiettata verso l’opportunità di sentirsi
cambiati dentro, nel razionalizzare ciò che prima del virus infettivo ci faceva
sentire forti di superare ogni cosa, quando invece ci siamo scoperti nudi e
fragili davanti a ciò che ci ha assalito con infinita crudeltà. Il
distanziamento sembra quasi una punizione verso noi stessi che fino a pochi
mesi fa non avevamo tempo di riflettere quanto le relazioni fossero importanti.
Sì, forse eravamo consci dell’importanza dei sentimenti e dell’umano sentire, ma
solo in maniera del tutto teorica e mai convinti veramente. E così allo stadio
o davanti alla TV, assembrati com’eravamo a vivere le forti emozioni di un gol,
di un gesto tecnico di prelibata fattura, perdevamo il senso del tifare per la
propria squadra, perdendoci nel denigrare gli avversari e i loro colori. Per
troppi anni il calcio si è perso tra un tifo smanioso di primeggiare attraverso
i colori della squadra del cuore, abbandonandosi più volte ad atti di inciviltà
e razzismo, di odi tra le diverse fazioni, dimenticando il significato di
vivere emozioni che solo il pallone conteso da 22 calciatori in campo, può dare
a chi si nutre da sempre di questo mondo. Ma oggi, dopo tanto attendere, dopo
tanto patire ansie da voglia di ricominciare, il calcio ci ritrova diversi
almeno sotto il profilo del gusto principe legato a uno sport che ci priva di
andare allo stadio, relegandoci ognuno distanziato da un metro dall’altro.
Niente strette di mano, niente baci e abbracci. Un atteggiamento indispensabile
per non incorrere in pericolosi ritorni di contagio, ma che umilia il senso di
un abbraccio mancato che era considerato atteggiamento formale, ma che di
formale non aveva proprio nulla. Oggi, invece, che non abbiamo più questa
possibilità del contatto umano, capiamo l’importanza della condivisione e di un
calore capace di unirci nella gioia ma anche nelle delusioni. E nel calcio
tutte queste cose ci stanno, sono emblematici di mondo che enfatizza le
emozioni ma stenta a farci capire l’importanza di tifare con passione per la nostra
squadra, prima ancora di offendere gli avversari e i suoi tifosi. Una cultura
sbagliata che nel tempo ci ha accecato e fatto perdere il gusto del gioco e
della sua evoluzione tecnica e agonistica. Certo, il calcio è scontro fisico in
campo, è atteggiamenti forti di contrasto per carpire il possesso palla all’avversario,
tuttavia, questo non giustifica l’atteggiamento scorretto da parte dei tifosi
di diversa fazione. Chissà, forse dopo tanto attendere e sperare nella ripresa
del calcio come tentativo di migliorarci, sia arrivato davvero il momento di tagliare
il traguardo in un mondo che prima della pandemia di covid 19 era sopraggiunto
a limite dell’insostenibile.
Salvino
Cavallaro
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