ANDREA BELOTTI, IL GALLO CANTA PER IL TORO


Contro il Genoa ad Andrea
Belotti gli abbiamo visto fare il terzino, il mediano, l’esterno, il
trequartista, il regista e la punta. Che altro mancava? Ah sì, forse non ha
fatto il portiere! Già, ma in quel ruolo il Toro ha un altro campione: Salvatore
Sirigu. Sono gli unici calciatori sui quali si basa tutto il senso del
Toro, inteso come squadra di Serie A che per emergere dall’eterna sofferenza
avrebbe bisogno di tanto altro; una società vera, prima di ogni altra cosa! Ma
ritornando al gallo Belotti, possiamo dire di trovarci davanti a un campione che
incarna perfettamente lo spirito del Toro, più come indole naturale nella
capacità di saper soffrire che da una reale capacità tecnica e tattica che
sfocia in un’intelligenza calcistica non comune a molti. Belotti sa cosa significa
essere capitano di una squadra, sa come metterci la faccia, sa come fare da
traino e cucirsi addosso la maglia e la squadra, soprattutto quando è in
difficoltà. Gli manca solo di tirarsi su le maniche come faceva il grande Valentino
Mazzola e poi è tutto fatto. Un giocatore moderno con lo spirito d’altri
tempi, in cui si esprimeva un calcio di alto senso di unione di squadra e
spogliatoio, che restano da sempre il segreto dei grandi successi. Certo, da
soli nel calcio non si va da nessuna parte se non si è assecondati dalla
squadra e dallo spirito di gruppo. Tuttavia, quando si crea una leadership nell’ambito
dello spogliatoio, in campo si avverte sempre il desiderio di luce. Già, quella
luce che è esempio nel trascinare tutti i compagni di squadra che sono in
difficoltà, proprio come Andrea Belotti che in campo si danna, carpisce palloni
agli avversari, corre, pressa, prende tanti falli cattivi, ma si rialza ed è
capace di far fare gol ad un compagno, oppure si porta avanti per tentare il
tiro da fuori area anche se è stremato. Il gallo è davvero l’esempio di un Toro
che si è smarrito, che si è preso paura di retrocedere (anche se ancora non c’è
la matematica sicurezza di restare in Serie A) e sul quale tutti hanno puntato
come cavallo vincente di una squadra sbrindellata nel gioco e persa nella sua
mediocrità. E’ un Belotti da leggenda! E non è un caso che Antonio Conte lo
preferisca a Griezmann e Dzeko. Per questo diciamo fin da ora
che se veramente il Toro intende mettere sul tavolo un progetto serio di
società di calcio vera di Serie A (vera e non finta come quella attuale), allora
deve ripartire da Belotti come punto fermo. Se invece tutto questo non sarà
possibile per mancanza di investimenti e di altre situazione negative che
opacizzano la storia del Toro, allora si dia la possibilità a questo calciatore
di impeccabile serietà professionale di proseguire la sua fulgida carriera
altrove. Là dove non si senta sprecato. Là dove possa esprimere ciò che merita
in maniera costante e non con l’amarezza di avere sprecato un altro anno inutilmente.
Questo lo diciamo noi anche perché lui non lo dirà mai, visto che è un
professionista serio che sa cosa significa il senso di appartenenza e di
rispetto per chi ti versa la retribuzione prevista dal contratto pattuito. Dunque,
lo diciamo chiaro. Andrea Belotti è il vero capitano di un Toro che non ricorda da
molti anni di avere un calciatore così rappresentativo di storia e valori come
quelli del Grande Torino. La società ha tantissime responsabilità. Se non è in
grado di capirlo, allora si faccia da parte!
Salvino Cavallaro