IL MILAN CHE NON TI ASPETTI


Da gennaio, con l’entrata in
squadra di Ibra, il diavolo rossonero è rinvigorito nell’essenza di un gioco e
di uno spirito di gruppo che da molto tempo era assente in casa Milanello. Poi,
anche l’avvento sulla panchina di Stefano Pioli, ha dato la spinta necessaria
a una definitiva rinascita di un gruppo e di una società che aveva sopito il suo
glorioso passato. Tutto ciò fa pensare come nel calcio ci siano fattori e
motivazioni che vanno al di là delle beghe serpeggianti e velenose in ambito
societario. Prima il fattivo interesse e accordo quasi raggiunto per Rangnick,
con l’incarico di allenatore e direttore tecnico del Milan, che ha creato le
dimissioni di Boban. Poi la retromarcia dei vertici societari che hanno
giustamente pensato di non dare carta bianca a Rangnick e di tenersi stretto
Pioli anche per il prossimo anno. Ma in mezzo a tutto questo frastuono c’è
stato il lavoro del tecnico del Milan che assieme a Ibrahimovic ha costruito
un monolito di intenti che hanno portato la squadra a sviluppare un gioco
globale tale da convincere, anche per i risultati ottenuti dopo il lockdown.
Segno che il calcio è fatto di risultati e non di parole evanescenti che
trovano il tempo che trovano. Prova ne è che il Milan, a una sola giornata dal
termine del campionato, si trova ad occupare la sesta posizione di classifica
dopo avere superato dal basso tutti gli ostacoli che gli si sono presentati in
un anno davvero difficile per il trambusto all’interno della società. E adesso l’umile
ma eccellente allenatore Stefano Pioli che il Milan ha giustamente
valorizzato lasciando perdere l’idea Rangnick, sta già programmando con la
società rossonera il futuro. Tutto ciò anche in virtù del fatto che a partire
dal prossimo 17 settembre, Ibrahimovic e compagni dovranno disputare i
preliminari di Europa League. Certo, se pensiamo in quale situazione si trovava
il Milan prima del lockdown con l’arrivo del subentrato mister Pioli, allora
parliamo quasi di un sogno che nemmeno i più incalliti tifosi del diavolo
rossonero avrebbero potuto immaginare. Ma il calcio è questo, nella buona e
nella cattiva sorte c’è sempre un elemento che sfocia nel lavoro, nella
serietà, nel sacrificio e nell’idea di crederci fino in fondo, non a parole ma
a fatti. E la leadership di Ibra è stata poi la ciliegina su una
torta ben guarnita di giocatori come Donnarumma, Romagnoli, Kessie, Krunic,
Calhanoglu, Bennacer, Castillejo, Rebic e Leao, che avevano bisogno di
autoconvincersi delle proprie qualità tecniche, le quali dovevano essere messe
a disposizione della squadra. Questo, Stefano Pioli l’ha capito subito, ed
ha lavorato alacremente volgendo il suo sguardo là dove non fosse distratto da
ciò che stava succedendo all’interno della sua società. Alla fine ha vinto lui,
perché da sicuro partente è passato a sicuro confermato nel progetto di un
Milan che ha tutte le intenzioni di ritornare poco per volta ai fasti di un
tempo.
Salvino
Cavallaro