Anche la Mole sembra imbronciata
e quasi disinteressata al derby torinese che è privo di folklore e di quel pepe
– sale che generalmente si avverte in città nell’attesa della stracittadina.
Chi vive a Torino e tasta gli umori della città piemontese del pallone,
sicuramente si sarà accorto di un cambiamento umorale che aleggia nell’hinterland
e s’infiltra pure tra le pieghe di un mondo pallonaro che sembra sbiadito di
entusiasmo. Da una parte la Juve che gioca per vincere il derby e continuare a
distanziare la Lazio per conquistare il suo nono scudetto consecutivo. Dall’altra
parte un Toro che scende in campo per salvare una stagione da dimenticare, per
lo spettro inaspettato della Serie B. Un derby unico nel suo genere, perché si
svolgerà alle 17,15 di sabato 4 luglio a porte chiuse e con la totale mancanza
dell’anima del football: i tifosi. E anche quel rimbombare dei calci al pallone
che si sente in televisione, si interseca all’unico vociare delle rispettive panchine,
che non siamo soliti recepire quando il tifo e la vita dello stadio si permea
di tanto vestito della festa. Ma a parte il rammarico privante di una cornice
storicamente carica di adrenalina, resta comunque il fatto tecnico da
analizzare. Gli uomini di Longo, reduci dalla sconfitta contro la Lazio e con
una posizione di classifica preoccupante, dovranno necessariamente ottenere un
risultato utile per l’orgoglio ma soprattutto per la classifica. Non sarà
facile per il Toro contrastare l’attacco prolifero della Juve imbottita di
campioni, tuttavia, è essenziale un approccio alla gara che non sia da
considerarsi persa in partenza. La Juve, invece, sembra forte della sua
ritrovata salute tecnica e mentale messa in atto soprattutto nell’ultima gara
contro il Genoa in quel di Marassi. Da sempre si dice che un derby è sempre un
derby, ma in questa strana volta in cui Juve e Toro si affrontano per motivi
diametralmente opposti, emerge soprattutto per il Toro il peso di una gara che
va oltre i semplici ma pur importantissimi punti da conquistare. C’è l’orgoglio
granata da ritrovare proprio nella gara che potrebbe far scattare quella molla
che per la squadra di Longo sembra essersi inceppata per tanti motivi tecnici moltiplicati
da una rosa numericamente insufficiente e sbiadita di quel tremendismo granata che
fa parte soltanto del passato ormai troppo lontano. Ma c’è da pensare al
presente, all’urgenza di non perdersi in rimpianti della piacevolezza di ciò
che è stato scritto nella storia granata. C’è la Juve, c’è la necessità di fare
punti, c’è da insistere sull’importanza di non lasciarsi travolgere dall’oblio
dei sentimenti, senza razionalizzare il divario esistente tra le due squadre. E’
l’unica arma che ha il Toro a disposizione e deve giocarsela con grinta e
determinazione. La Juve da sempre sente forse meno questo spirito d’orgoglio
cittadino, in quanto la sua testa è rivolta in quell’altrui altrove che per
definizione si delinea attraverso lo spirito cinico del vincere per puntare
dritto allo scudetto, con l’ambizione di conquistare poi la Champions. Che ci
riesca di fatto, nessuno può saperlo. Tuttavia, il pensiero quasi alienante è
quello, è fisso nel cervello della società bianconera che mira a grandi
traguardi. Un concetto che c’è ed è insito nella squadra, radicato nei suoi
tifosi e in un ambiente mai sazio di vittorie. Insomma due mondi pallonari a
confronto, due realtà storicamente diverse che vivono in una sola città divisa
da colori e aspirazioni differenti, che il covid ha quasi fatto dimenticare per
pensieri molto più importanti che sanno di esistenzialismo, di umanità, di vita
che si contrappone alla morte. Ecco, diremmo che la città della Mole sta
lentamente riprendendosi da quell’oscurantismo che non aveva tempo di pensare ai
vari concetti di un pallone stracittadino fatto di momenti inneggianti alla
vita. Certo, le ferite sono ancora latenti, ma questo Juve Toro che arriva in
un momento impensabile di stagione che in altri tempi avrebbe avuto il
piacevole gusto vacanziero, lo vedremo con altri occhi: quello della speranza per
un futuro migliore. L’autunno di Torino e di tutto il Paese Italia sarà caldo e
con molti punti interrogativi legati al probabile ritorno del virus e,
soprattutto, di una ripresa economica e sociale tutta in salita. Ma al calcio
tutto ciò interessa solo di riflesso. Quello è un mondo a parte, una realtà che
è in grado di farci allontanare almeno per un attimo da pensieri che vanno anche
oltre l’antagonismo cittadino di un pallone così misterioso nel racconto della
sua commedia di vita. Juve Toro - Torino città - e pensieri che vanno oltre.
Salvino
Cavallaro
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