ARBITRI, INGIUSTIZIE E CATTIVERIE. QUESTO NON È PIÙ CALCIO


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25/02/2014 -

Storie di ruberie, lazzi e intrallazzi. Ma cos’è diventato mai questo calcio e la nostra squadra del cuore che tutti amiamo come fosse nostra moglie, la mamma o, in qualche caso, anche l’amante. Guai a toccarle, a nessuno è dato di mancarle di rispetto. E così il carrozzone chiamato calcio va avanti trascinandosi polemiche furibonde, cattiverie immani e sviste arbitrali che sembrerebbero più viste che non viste. Il sacrosanto rigore non dato al Torino nel derby della Mole per un fallo di Pirlo in area di rigore su El Kaddouri, fa gridare allo scandalo. Una decisione inspiegabile, quella dell’arbitro internazionale Rizzoli, il quale in occasione dell’azione si trovava lì, a due passi dell’accaduto. Impossibile non vedere, inspiegabile non fischiare il rigore. Tuttavia, non vorremmo perderci banalmente in dietrologie e sciocchezze che spesso fanno capo ad aggettivi come “ladri” e verbi come “rubare”, che spesso sentiamo a proposito della squadra che negli anni ha vinto più scudetti in Italia: la Juventus. Ci vogliamo invece soffermare sull’esigenza ormai necessaria della moviola in campo che annullerebbe ogni polemica e ogni qualsivoglia dubbio di sorta su arbitri incapaci o, peggio ancora, corrotti da un insano senso di sudditanza psicologica, in barba alla giustizia del pallone e a ciò che dovrebbe essere rispettato come regolamento. E poi un flash sui soliti cretini la cui mamma è sempre incinta da secoli. Ci riferiamo a certi striscioni da condannare per la crudeltà e l’infinita cattiveria interiore nell’offendere la sacralità dei morti e delle tragedie. Quanta demenza senza colore calcistico, quanta delinquenza gratuita. Ma perché non parliamo di calcio, perché non affrontiamo il nostro avversario tifando per la nostra squadra senza offenderlo nei suoi ricordi più cari, nelle sue tragedie, nei suoi drammi e nelle sue fragilità. Perché calcare la mano su ciò che non appartiene al rettangolo di gioco, al pallone che gira in mezzo al campo che può essere talora inteso come veicolo di aggregazione sociale? Forse perché il tifoso o presunto tale, parte dal presupposto che vincere è l’unica cosa e che certe ingiustizie anche arbitrali non devono essere ammesse. Questo, purtroppo, è un discorso che ci porterebbe troppo lontano e che fa parte della notte dei tempi. Così come oggi è inteso il gioco del calcio, non può avere altre soluzioni se non la moviola in campo. Solo così si archivieranno discorsi di favoreggiamenti, subdoli pensieri di corruzione che già in passato hanno fatto capo a una classe arbitrale non proprio indenne da colpe. Tuttavia, ci piace non apparire generalisti nel condannare sempre tutti e tutto, e quindi diciamo che ogni professione ha sempre la sua anima, il suo pensiero dettato dall’uomo e che non tutti sono eguali. Le stanze segrete e i vertici arbitrali internazionali, non possono continuare a manifestare il “non vedo”, “non sento” e “non parlo”. Il calcio e il mondo che gli ruota attorno ha bisogno di chiarezza, di certezza nel non sbagliare. Ma dato che sbagliare è umano e perseverare è diabolico, perché non affidarsi alla tecnologia? E chissà se ancora, davanti all’evidenza, certe curve rabbiose esporrebbero striscioni che di umano non hanno davvero un bel niente.



Salvino Cavallaro  

 














Salvino Cavallaro