13 maggio 2012. E` stata la domenica dell`intensità emotiva e degli addii dal pallone italiano. Di Vaio, Seedorf, Inzaghi, Nesta, Zambrotta, Van Bommel, Gattuso e, soprattutto, Alex Del Piero, hanno dato luce alla loro ultima standing ovation negli stadi italiani. E` questo il calcio che ci piace, fatto di emozioni, di sentimenti che s`intersecano contemporaneamente tra gioie, lacrime e malinconie di un passato che resta scritto nelle pagine degli annali sportivi ma, soprattutto, nel cuore dei tifosi. Nell`affollato catino dello Juventus Stadium che festeggiava il suo sospirato 28° scudetto (per Agnelli e il popolo bianconero sono 30) abbiamo visto piangere numerose persone per l`addio di Del Piero. Noi, che da anni ci occupiamo di calcio, abbiamo spesso scritto e sostenuto, dandoci forse in pasto alla retorica dei sentimenti, che il calcio è la metafora della vita, fatto di gioia ma anche di tristezza le cui capacità di fondersi tra loro nella contemporaneità del manifestarsi, non permette di godere appieno il momento. Infatti, non c`è stato neanche il tempo di gioire per la conquista dello scudetto, che immediatamente è apparsa la tristezza per l`addio del campione più rappresentativo della Juventus. Ma Alex Del Piero, meritava questo saluto, non solo per il senso d`appartenenza e per quello che ha significato per i colori bianconeri in 19 anni di militanza, ma anche per l`uomo che è, sempre misurato, mai sopra le righe con atteggiamenti e toni che non si addicono alla sua persona educata e corretta nel rispettare le regole imposte dall`etica e dal mondo del pallone. Alessandro Del Piero, capitano juventino di lungo corso è emozionato come un ragazzino, felice per lo scudetto ma commosso come non gli è mai capitato durante la sua straordinaria carriera da professionista. Sembra quasi essersi liberato da un peso che non andava giù, un qualcosa simile a un malinconico tramonto, uno spegnersi improvviso delle luci della ribalta che, orgogliosamente, non accetta ancora, sicuro com`è di potere dare ancora tanto sul campo e, purtroppo, non più con quella maglia che è cucita sulla pelle. Ha saputo aspettare il capitano, con signorilità ha atteso il suo momento senza fare polemiche, né per quanto riguarda le frettolose e inopportune dichiarazioni del presidente Agnelli che l`ha chiaramente scaricatosenza se e senza ma, né per l`esclusione da titolare della sua Juve voluta da Antonio Conte. Ma si sa, Alessandro Del Piero è così, un ragazzo garbato, educato, corretto, un campione vero, amato dal popolo juventino e non solo. Lui rientra nella categoria dei campioni senza maglia, amato e rispettato da tutti, anche dagli acerrimi rivali della sua Juventus. Alex è un calciatore immenso, non solo per la delizia dei suoi proverbiali tocchi di palla, per l`intelligenza tattica e per le qualità carismatiche di vero capitano, ma soprattutto, per l`integrità morale e l`alta rettitudine dimostrata negli anni, in campo e nella vita di tutti i giorni. Uno stile di vita che lo evidenzia quale emblema da seguire per tanti giovani calciatori che vedono in lui, quel sognoda imitare. Mentre facevo il giro dello stadio, nel tripudio generaledice Del Piero raccoglievo le sciarpe bianconere che i tifosi lanciavano in campo in mio onore. Non nascondo la mia profonda emozione nel pensare al film dei miei 19 anni in bianconero e a persone che ho amato, dall`avvocato Agnelli a Gianpiero Boniperti. Parole che solcano l`anima e non lasciano adito a nessun fraintendimento, se non al chiaro amore verso una società di calcio cui ha dato tanto, ma che, dalla quale, ha anche avuto tanto. Episodi che ci riconciliano con il calcio che desideriamo, non effimero e romantico ma vero, fatto di tecnica, di gol, di patos, di grinta, di determinazione, ma anche e, soprattutto, di etica e rettitudine, valori che non si possono cancellare e confondere con il fangodel calcio scommesse e con gli imbrogli dovuti alle combine. Del Piero, con il suo essere, ci ha ridato il coraggio nel continuare a credere che il calcio moderno, pur con tutti i suoi stratosferici interessi economici e le insidie d`immoralità, non sia tutto corrotto e corruttibile, ma è uno sport del quale possiamo ancora fidarci e associare passione ed entusiasmo. Tutto ciò, c`induce a rimuovere legittimi ed eventuali residui mentali di diffidenza. Non sono cose da poco, queste, in un mondo che ci ha spesso illuso, deluso, amareggiato, tradito e poi disarmato. Queste sono pillole di riflessione, cui non possiamo (anche se non juventini) far altro che dire: Grazie Campione!
Salvino Cavallaro
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