“I motivi del fallimento della nostra Nazionale? E’ colpa di un sistema sbagliato”
In questi giorni in cui il calcio italiano è sottoaccusa per il fallimento della nostra nazionale ai campionati del mondo in Brasile, abbiamo pensato di avvalerci dell’autorevole opinione del giornalista Mediaset, Beppe Gandolfo. Volto conosciuto dalla stragrande maggioranza dell’opinione pubblica, Beppe Gandolfo è anche famoso per la sua competenza calcistica che sa essere oggettiva, nonostante la sua grande fede di parte granata per il Torino. Gandolfo scopre quasi per caso la sua passione per il giornalismo e, quando razionalizza il sacro fuoco che c’è in lui, comincia a lavorare nei piccoli schermi regionali piemontesi di GRP e Telesubalpina. In questa emittente privata, Gandolfo ha il compito di creare il nuovo telegiornale e, a soli 22 anni, mette in pratica ciò che aveva imparato nella sua piccola esperienza di giornalista in GRP. Dopo dieci anni di televisione, percorre una nuova esperienza presso l’ANSA come redattore della cronaca giudiziaria, inviato per i fatti del Piemonte e giornalista sportivo. Beppe Gandolfo inizia così a seguire la sua Torino, nella cronaca, nei fatti di tutti i giorni, nei palpiti che emergono dalla città sabauda che gli ha dato i natali e alla quale è particolarmente affezionato. Poi, nel ’92, destino ha voluto che Beppe Gandolfo seguisse passo dopo passo la storia del Torino, proprio in quell’anno in cui i granata giocarono la finale di Coppa Uefa ad Amsterdam. Intanto, la sua avventura giornalistica continua con l’entrata in Mediaset, al TG5 e Italia 1 come corrispondente del Piemonte e della Valle d’Aosta. Una bella storia la sua, fatta di sacrifici, passione e tanta voglia d’arrivare là, dove oggi, voltandosi indietro, ne percepisce la carriera fatta ad ottimi livelli. Beppe Gandolfo, oltre a essere uno dei più preparati giornalisti italiani è anche scrittore di numerosi libri, tra cui la sua ultima fatica letteraria: “Il mio Toro”- La mia missione- E’ il suo racconto del Toro che, assieme a Don Aldo Rabino, Padre Spirituale del Torino Calcio, ci fa riflettere su quanto la storia di questa straordinaria e al contempo particolare società di calcio, sia una vera e propria religione per tutti i tifosi granata. Tuttavia, come dicevamo pocanzi, la preparazione giornalistica di Beppe Gandolfo va oltre ogni giudizio di parte, nonostante il suo cuore palpiti per una sola squadra: il suo Toro. Con lui, oggi parliamo del tema scottante che riguarda il presente e il futuro della nostra Nazionale di calcio.
Beppe Gandolfo, qual è il tuo commento sulla dèbacle della nostra Nazionale di calcio ai campionati mondiali in Brasile?
“E’ il risultato del calcio italiano. Se noi pensiamo a quella finale di Coppa Italia tra Napoli e Fiorentina ci accorgiamo che in campo c’erano solo due giocatori italiani: Insigne e Pasqual. A questo punto è impossibile trovare il meglio. Se non si cambia qualcosa radicalmente, a partire dai settori giovanili, e se non si mettono delle regole sulle squadre Primavera e Beretti per dare modo di portare in panchina della Prima Squadra almeno tre o quattro giovani calciatori del vivaio, non riusciremo mai ad uscire da questo giro. Troppe squadre sono infarcite da stranieri, proprio nei ruoli più importanti”.
Quindi, sostieni che la colpa è del sistema calcio italiano.
“Assolutamente si. Poi, possiamo disquisire se era meglio portare Rossi anziché Cassano, oppure far giocare Cerci piuttosto che qualche altro. Tutto questo ci può stare, tuttavia, ritengo che non sia questo il punto focale del fallimento degli azzurri in Brasile. E’ nel sistema, il vero errore. Non si può continuare a comprare all’estero giocatori che, talora, sono meno bravi dei nostri. Dieci anni fa, un ragazzino su trentamila arrivava a essere professionista; oggi è solo uno su quarantamila”.
Che cosa pensi delle dimissioni del Presidente Federale Abete e del C.T. Prandelli?
“Mi dispiace molto per Prandelli, che reputo un signore nell’aver dato le sue dimissioni con onestà intellettuale. Per quanto riguarda invece Abete, penso che questa sia un’occasione per rifondare davvero il calcio italiano”.
A prescindere dai nomi, quale deve essere il profilo professionale del nuovo Presidente Federale e anche del nuovo C.T.?
“Mi auguro che il nuovo presidente federale sia una persona che arrivi completamente da fuori, così ci potrà essere una ventata di aria completamente nuova. Una persona che vada oltre certi pastrocchi legati al rispondere a certe maggioranze o minoranze, in base alle quali non se ne esce mai fuori. Per quanto riguarda il Commissario Tecnico, invece, mi piacerebbe avesse maggiore spessore internazionale. Prandelli è senza dubbio un ottimo allenatore di squadra di club, tuttavia, ritengo che in questo momento ci sia bisogno di un C.T. che respiri un aria più internazionale. Mancini potrebbe essere la persona ideale”.
Salvino Cavallaro
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