La Juventus vince a San Siro
l’Oscar della migliore squadra non protagonista. Già, perché il vero
protagonista è stato il Milan. Ma si sa che nel calcio non si vince ai punti e,
come tale, se giochi bene ma non fai gol non vai da nessuna parte. Questo in
sintesi è emerso dal posticipo della 26ma giornata di campionato tra Milan e
Juventus. I bianconeri soffrono contro un Milan apparso volitivo, con ottime
trame di gioco, ordinato e ben messo in campo, grintoso e deciso di far sua la
posta in palio, ovviando all’assenza di Balotelli in maniera ottimale. La Juve
di mister Conte ha giocato la più brutta partita di questo campionato,
tuttavia, nonostante la serata negativa, ha saputo vincere con due gol che
portano la firma di Fernando Llorente e Carlitos Tevez. In fondo gli scudetti
si vincono anche nel sapere superare i momenti difficili, quelli che non ti
danno modo di essere brillanti come al solito, ma di saper stringere i denti
senza perdere terreno nei confronti delle squadre inseguitrici. Questo
distingue la grande squadra da quella che non lo è. E, la Juventus, in questa circostanza
ha dimostrato alla grande il suo valore, il suo essere cinica con la capacità
di non perdere mai la testa. La squadra di Conte va a più 11 sulla Roma di
Garcia che, apparsa nervosa oltre il lecito, non è andata oltre lo 0 a 0 contro
l’Inter di Mazzarri. E’ vero che i giallorossi devono ancora recuperare la
partita contro il Parma, tuttavia, la distanza tra la Juve e la Roma appare
davvero incolmabile. Il Milan di Seedorf è sembrato la fotocopia di quello
visto in Coppa contro L’Atletico Madrid. Bello, sprecone e inevitabilmente in
calo fisicamente, dopo avere condotto un match di grande intensità ma privo di
gol. E così, inchinandosi prima agli spagnoli e poi alla Juve, per il Milan è
stata amarezza pura, senza dare la sensazione di essere surclassata dai più
forti avversari. Questo Milan è indubbiamente propositivo nel gioco, capace
com’è di spingere con i suoi esterni e arrivare in porta talora con scioltezza.
Ma è la fase risolutiva che deve essere curata, là dove Pazzini deve in qualche
modo integrarsi a Balotelli. Troppo frenetici sono apparsi Taarabat, Montolivo,
Kakà, Poli, De Jong e Abate, ai quali neanche il continuo invocare da bordo
campo di Seedorf, è valso a farli ragionare
a stare calmi. Troppa precipitazione, anche se, a onor del vero, c’è
stata anche una componente innegabile di sfortuna. Beffarda dunque la Juve di mister
Conte, a cui oggi è stata assegnata la Panchina d’Oro quale miglior allenatore
del nostro campionato. Ormai non è più una novità che l’allenatore bianconero ha
saputo plasmare la sua squadra a sua immagine e somiglianza e dove la parola
“improvvisazione” non affonda mai le sue radici nella cultura calcistica della
Juventus. Tutto è studiato nei minimi particolari. Corsa, forza e resistenza fisica,
freschezza atletica, si fondono con la tecnica e, soprattutto, con gli schemi
di gioco e la tattica fatta apposta per un calcio altamente propositivo. Il
problema, a lungo andare, potrebbe essere rappresentato dalla tenuta fisica e
mentale. Ma nel calcio, si sa, le vittorie rappresentano la vera autostima e la
terapia contro ogni stanchezza fisica. E poi, la squadra vista in Europa League
pur contro una squadra di livello tecnico di gran lunga inferiore alla Juve, ha
dato larghe indicazioni sull’affidabilità di Giovinco e Osvaldo che si sono
perfettamente integrati tra loro. Adesso la Juve è chiamata a un tour de force notevole
di partite. Sia in campionato che in Europa League, infatti, deve affrontare la
Fiorentina nel breve spazio di pochi giorni. Vedremo come affronterà
quest’altra tornata di impegni che si moltiplicano a dismisura sul percorso del
suo ormai probabile successo finale.
Salvino
Cavallaro
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