Piace questo Torino che gioca un bel calcio, diverte e,
soprattutto, si diverte. Non sembra soffrire antichi limiti tecnici e di
mentalità che erano presenti in casa granata. E anche quando, come nella
partita di Coppa Italia contro il Pisa di Gattuso, in cui non è riuscita a
sbloccare il risultato nei tempi regolamentari, ha trovato il modo di vincere e
fare un poker di gol nei tempi supplementari. E non si pensi che l’avversario
sia stato dei più facili da battere, perché i nerazzurri pisani sono usciti tra
gli applausi e a testa alta dallo stadio Grande Torino. Dunque, un Toro
pimpante,volitivo, pungente, dalle idee chiare e senza tanti fronzoli. Frutto della
filosofia calcistica de suo allenatore Sinisa
Mihajlovic, ma anche di uno spogliatoio e di uno spirito di squadra capace
di fondersi in un unico obiettivo da raggiungere insieme senza personalismi, ma
tutti al servizio di tutti, com’è giusto che sia nel gioco del calcio che è l’emblema
della coralità. Merito della società, del suo nuovo tecnico, della sua giovane
squadra che fa emergere valori tecnici di notevole qualità che si fondono
perfettamente a una mentalità ritrovata: quella della personalità e dell’autostima
perduta in tanti anni in cui il Toro, spesse volte ha confuso il mortificante
presente con la suprema gloria del suo passato. Ma adesso no! Questo Toro
arrembante piace, non tanto per quel rispolverato cuore granata, ma anche per un
vento nuovo dato anche da un razionale atteggiamento di squadra e di società
che maturano di pari passo, domenica dopo domenica. Non sono solo i gol di Belotti,
Iago Falque, Ljajic, piuttosto che quelli segnati da Boyè o Maxi Lopez, è la
squadra nel suo insieme ad essere apprezzata con un centrocampo attento e una
difesa pronta a interdire, attaccare e fare movimento senza palla. C’è
freschezza al Toro, tono muscolare vivace e cervello pronto a sfamarsi di
piccoli traguardi capaci di aprire le grandi porte dell’Europa calcistica. E
poi c’è una maturazione che avvertiamo come nuova nello spirito granata, ed è
quella del confronto con i cugini bianconeri. La prossima settimana, infatti,
ci sarà il tanto atteso derby della Mole. Ma questa volta, dopo tanti anni
della sua storia, lo si attende con lo spirito giusto della partita che
racchiude sì, mille profonde motivazioni, ma che non rappresenta più il solo e unico
obiettivo granata da raggiungere come appagamento di una stagione. Oggi, per il
Torino, vincere il derby non è più la conditio sine qua non di un anno di
calcio, ma è la continuazione di un equilibrio che significa maturazione verso
il percorso di grande squadra. In poche parole, questo Toro non è più fiamma
che si accende, divampa e poi si spegne al primo intoppo. C’è cuore, passione,
ma c’è anche tanto cervello e una migliore gestione di squadra. C’è il
condottiero capace, ci sono gli interpreti che si affidano a lui, e c’è pure un
presidente cui bisogna dare atto di avere apportato poco per volta un
ammodernamento culturale e calcistico che deve essere da sprone a tutto l’ambiente.
Insomma, adesso pare proprio che attorno al Toro si respiri aria nuova, quella di
una società di calcio vera che fa grande la sua squadra.
Salvino Cavallaro
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