Qualcuno, tra i tifosi del Toro, si lascia andare
dicendo: “Era ora!”. Qualche altro,
invece, incrocia le dita per scaramanzia, viste le ripetute delusioni che si
sono avvicendate in tanti anni di speranze e di sogni mai realizzati. Ma oggi c’è
da dire che si respira un’aria nuova, diversa dal solito. Un ambiente che è meno
piagnone e più consapevole nei propri mezzi organizzativi, con spiccate
capacità di gestione che si riflettono nella parte tecnica. Quindi, non c’è che
dire su questo Toro che ha dato le sue avvisaglie di ambiente migliore fin da
quest’estate, quando il presidente Cairo è sceso in campo con il ds Petrachi,
per fare i fatti e non per sbandierare le solite illusorie demagogie
calcistiche. E di questa serietà se ne stanno raccogliendo i frutti sul campo, esattamente
come se rappresentassero la naturale logica di un lavoro fatto con scrupolosa
attenzione. E siccome nel calcio, come nella vita, non si inventa o improvvisa
nulla che non sia studiato nei minimi particolari, ecco che il Torino di oggi
vince, diverte e, soprattutto, si diverte. Il gioco voluto da Sinisa Mihajlovic prevede un assetto
tattico del 4-3-3; ma nulla sarebbe se non avesse a disposizione giocatori con
spiccate caratteristiche tecniche, capaci di eseguire a memoria il credo calcistico
del suo allenatore. Pressing a tutto campo, verticalizzazioni che inibiscono il
possesso palla dell’avversario, gioco sugli esterni, movimento continuo e
sovrapposizioni che garantiscono molti cross da fondocampo, sono soltanto
alcune prerogative messe in mostra da questo bel Torino di Mihajlovic, prima contro
la Roma e poi contro la Fiorentina. Stesso è l’atteggiamento tattico, stessa la
fame calcistica messa in campo, e uguale è la capacità di arrivare sotto porta
avversaria attraverso un gioco semplice, lineare e propositivo. Il risultato è
sotto gli occhi di coloro i quali amano un calcio divertente e mai stressato da
impedimenti tattici che sviliscono l’armonia del gioco. E così, anche contro la
Fiorentina di Paulo Sousa, abbiamo visto il Toro che aveva fatto bene contro la
Roma, con il tridente d’attacco formato da Iago
Falque, Belotti, Boyè, con Ljajic prima
in panchina, ma pronto ad entrare in campo non appena Mihajlovic ne avvertisse
l’esigenza. Il primo tempo si tinge di color granata per le molte incursioni
degli avanti del Toro, anche se, a onor del vero, dalla mezz’ora la Fiorentina
è venuta fuori alla distanza. A sbloccare il risultato ci pensa l’esterno granata
Iago Falque, il quale a quindici minuti dell’inizio della partita si invola
nell’area di rigore viola e batte il portiere Tatarusanu con un tiro di rara
precisione. Questo gol carica di entusiasmo il Toro, il quale si affida a molte
giocate d’attacco che arrivano impetuose dagli esterni Barreca e Zappacosta. Belotti si danna in attacco, ed è
intelligente tatticamente nonostante non riesca a trovare la via del gol.
Intanto gli ospiti provano a ribattere per arrivare al pareggio, ma i
traversoni effettuati dall’esterno per Kalinic non trovano alcun effetto. Nella
ripresa Ilicic è sostituito da Zarate, ma al 15’ è ancora il Toro ad
andare in vantaggio con Benassi su
passaggio di Iago Falque. Una prova
maiuscola, quella dello spagnolo, che non solo ha segnato il primo gol del
Toro, ma per buona parte della partita ha rappresentato la spina nel fianco
della difesa viola. Al 40’ la Fiorentina riapre i giochi con un gol di Babacar, ma il Torino di oggi è ben
lungi da quella sofferenza conosciuta per tanti anni della sua storia, e così
finisce in crescendo. Al fischio finale dell’arbitro c’è solo una
considerazione da fare: il Toro ha vinto con merito una partita che è stata il
frutto di un match giocato con grinta, determinazione, senso di compattezza di
squadra e grande acume tattico. Questo è il Toro di oggi. Adesso, i tifosi granata
si aspettano la continuità.
Salvino
Cavallaro
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