Peccato! Questo Toro tecnicamente
interessante e nuovo sotto l’aspetto della mentalità, sta ritornando a condurre
un campionato anonimo. Segno che qualcosa non va ancora per potere ambire all’Europa.
E’ davvero difficile porre in analisi un Torino che dimostra due facce di una
medaglia, che dovrebbe essere uguale d’ambo i lati. Dopo una serie di sconfitte
accumulate prima della pausa invernale, la squadra di Sinisa Mihajlovic si è presentata a Reggio Emilia con l’intento di
portare a casa i tre punti in palio, per potere risalire posizioni in
classifica. E, in effetti, abbiamo visto (almeno nel primo tempo) un Toro che
ha dimostrato il giusto atteggiamento e la concentrazione tipica di chi sa che
per centrare l’Europa ci vuole fatica, lavoro e grande coralità di squadra tra
i vari reparti. Ma nel secondo tempo abbiamo visto più confusione che altro; così
Ljajic e compagni sono tornati a casa con uno sterile 0 a 0 che non cambia la
sostanza di un Torino che ha velleità europee. Così si esprime Mihajlovic a
fine partita: “Sono amareggiato. Abbiamo
fatto un grande primo tempo e questi sono due punti persi. Quando è così, e
giochi un primo tempo con tutte queste occasioni, devi avere la cattiveria e la
lucidità di segnare e fare tua la partita. Quando non la butti dentro, non
vinci”. E’ proprio così, - Quando
non butti dentro la palla, non vinci – è la legge del calcio. Ma adesso, in
quest’anno magico di attaccanti di valore, il Torino ha l’obbligo di buttarla
dentro questa palla. E allora perché non lo fa più come all’inizio? I motivi
sono tanti: mancanza di cattiveria, di esperienza, di essenzialità e di umiltà
nel capire, che essere cinici nella sostanza è più importante che specchiarsi e
dire – “Quanto siamo belli” -. Ecco, forse questa potrebbe essere una delle
cause tecniche e tattiche che affiorano nel Torino di oggi, il quale ha affidato
la direzione d’orchestra a un Ljajic, che pur avendo grandi mezzi tecnici,
pecca da sempre di continuità e maturazione. Da lui si pretende molto di più,
proprio perché dal punto di vista della qualità tecnica si erge sugli altri. Ma
il suo non essere in grado di prendere in mano la squadra da vero e proprio
leader, non consente ai compagni di avere in lui l’affidabilità richiesta. Sono
situazioni ed elementi chiari che non sfuggono, e sono l’emblema di un Torino
che sta crescendo ma che non è ancora abbastanza maturo. Manca ancora qualcosa,
quel qualcosa che potrebbe identificarsi in qualche acquisto che dovrebbe
alzare l’asticella dell’esperienza. L’acquisto di Juan Iturbe, a nostro avviso non è male. Tuttavia, se visto sotto l’aspetto
della sostanza nell’ambito della fase d’attacco e di interdizione, non si può
pretendere che l’argentino rappresenti come per incanto l’immediatezza di un
giocatore che deve ritrovare quella forma espressa nell’ormai lontano Hellas Verona
di qualche anno fa. Questo giocatore da troppo tempo fa panchina, ed è giusto
che gli sia dato del tempo per ritrovarsi, soprattutto in un ambiente
totalmente nuovo per lui. Quindi, i problemi sono da ricercarsi nella squadra
che deve essere aiutata a maturare nella sua globalità e non in un solo
giocatore. Ljajic è un giocatore estroso che ha classe, tecnica, ma non
garantirà mai l’ordine tattico e la continuità che gli si richiede. Era così
con la Fiorentina, è stato così nella Roma e poi nell’Inter. Quindi, vedremo
cosa accadrà in casa granata. C’è tutto il girone di ritorno per ravvedersi. L’Europa
è lì, pronta per essere acciuffata da chi più se lo merita. Riuscirà il Toro?
Salvino Cavallaro
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