C’è chi dice che lo spogliatoio
della Roma è una polveriera, c’è chi sostiene che i giocatori giallorossi sono
contro Di Francesco e c’è pure chi è sicuro che la prossima partita che vedrà
la Roma giocare in casa contro il Milan, rappresenti l’ultima spiaggia per
l’allenatore della Roma. Tante supposizioni che talora hanno sì un fondamento
di base, ma che spesso si lasciano attrarre dall’onda emotiva di un calcio in
cui ogni cosa è legata ai risultati. Una cosa è certa, la Roma non può mancare
al campionato italiano, proprio in virtù del suo ruolo di società che è stata capace
di costruire negli anni una sua fisionomia ben precisa di squadra sempre
all’altezza della situazione, riservando grandi aspirazioni in campo nazionale
e internazionale. Ma ci sono alcuni spunti di riflessione in un mondo del
calcio sempre alle prese con giudizi affrettati e superficiali che opacizzano le
varie analisi approfondite sul perché si evidenzino crisi di gioco e risultati,
che sarebbe opportuno fare prima di buttare la croce addosso all’allenatore.
Dice bene il dirigente della Roma Monchi,
il quale dopo la disfatta dei giallorossi a Firenze per 7 a 1 in Coppa Italia
si è presentato ai microfoni dei media con voce flebile e una faccia che è
l’emblema della delusione: “Scusa,
scusa, scusa”. Ha ripetuto tre volte la stessa parola per significare il
profondo rammarico per una prestazione che umilia la Roma e i suoi tifosi. “Loro sono quelli che soffrono di più” dice
Monchi “Questo è il giorno peggiore da quando sono direttore sportivo della
Roma, non ho mai visto una partita così”. Poi continua il suo pensiero: “Di Francesco non è in discussione, sono io
il vero responsabile della squadra”. Un chiaro tentativo di difesa a spada
tratta dell’allenatore giallorosso, cui non è giusto imputare tutte le colpe.
Non si dimentichi, infatti, che per volere del presidente Pallotta che tiene molto alla parte contabile dei bilanci della
società e di una gestione economica che deve essere sempre tenuta in
considerazione ancor prima della parte tecnica, la Roma si è privata di due
giocatori importanti che fino all’anno scorso rappresentavano i pilastri del
centrocampo giallorosso; Nainggolan
e Strootman, senza pensare a Salah, Rudiger e anche al portiere Alisson
che per la difesa giallorossa era una sicurezza assoluta. E’ chiaro che certe
cose a distanza di tempo le paghi, soprattutto se a questo smembrare un certo
zoccolo duro della squadra corrispondono altri fattori come l’indisponibilità
per infortunio di De Rossi, la forma
precaria di Dzeko, il ritardo nel recupero
fisico e atletico di Schick e
l’impalpabilità di Pastore, Under e
Kluivert. Non proprio cose da niente, anche se bisogna mettere in evidenza
la grande fortuna della Roma di avere trovato un acquisto importantissimo in Zaniolo, il diciannovenne il cui
splendido futuro è già adesso. Ma non basta, perché la squadra ha bisogno del
suo insieme che non c’è perché è stato interrotto bruscamente da scelte
societarie che, come abbiamo detto pocanzi, fanno capo alla propria situazione
economica. E allora perché mettere in discussione Di Francesco, il quale non si è mai lamentato pubblicamente delle
scelte di una Roma che l’ha privato dei suoi giocatori migliori? Noi diciamo
che questo allenatore debba restare al suo posto almeno fino alla fine del
campionato. Certo, la situazione è difficile, il nervosismo è imperante e
aleggia in una piazza che da sempre è particolarmente sensibile agli umori
dettati dai risultati della squadra, tuttavia, resta apprezzabile il sentimento
di Monchi che mette in risalto il rispetto verso i tifosi che si sono sentiti
umiliati al Franchi di Firenze, dopo un viaggio per nulla facile in un giornata
di freddo polare che, col senno di poi, avrebbero fatto volentieri a meno di
fare se solo avessero saputo in anteprima l’ingrato spettacolo offerto dai
giallorossi. E’ il calcio, è la smisurata passione che porta a sentimenti
eccessivi e diametralmente opposti tra loro. L’equilibrio non c’è, non esiste.
Altrimenti non sarebbe calcio!
Salvino
Cavallaro
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