In casa granata aleggia un
certo malcontento che si traduce in tante piccole, grandi insoddisfazioni, che
fanno capo a una divergenza di vedute da sempre latenti e mai definitivamente
risolte. I tifosi, si sa, sono molto umorali e non vanno tanto per il sottile
quando si tratta di contestazioni che riguardano il rapporto non proprio
idilliaco con la società. Vuoi perché la squadra va male, vuoi perché l’allenatore
non è in grado di dare un assetto tattico tale da far rifiorire un calcio
moderno e aggressivo, vuoi perché nonostante i ripetuti solleciti annuali, la
società non dimostra di essere in grado di costruire attraverso gli acquisti di
un certo livello una squadra che sappia competere per la conquista dello scudetto
o, quantomeno, di piazzarsi in zona UEFA, dando un’immagine di società che
vuole uscire dal limbo cui sembra essere piombata da troppo tempo. E’ il Toro
di Cairo che ha portato la società granata ad essere perfetta sotto l’aspetto dei
libri contabili, ma che pecca inevitabilmente nella fase di organizzazione
tecnica e di un progetto che deve essenzialmente partire dallo stato maggiore
della stessa azienda calcio. Tuttavia, dobbiamo dire che quest’anno il
presidente Cairo ha dato dimostrazione di spendere del denaro con l’acquisto di
Verdi, ma, col senno di poi, il suo arrivo si è rivelato totalmente insufficiente
sotto l’aspetto del tesseramento di un calciatore che avrebbe dovuto apportare
alla squadra un miglioramento tale da far crescere un gruppo che vede in
Belotti e Sirigu i principali interpreti carismatici dei granata. Questo
spendere tanto denaro per un giocatore che già da molto tempo non veniva
impiegato a Napoli da Ancelotti, ha fatto pensare che il presidente – già così
attento a tirare fuori dei soldi dalle casse societarie – fosse stato
consigliato male. Un’operazione onerosa di 25 milioni di euro che lascia
davvero sbalorditi.
Ma ritornando ai malumori dell’ambiente
granata, c’è da capire come si possano avvertire dei solenni mugugni verso la
squadra e la società, nonostante l’attuale posizione di classifica veda il Toro
al settimo posto. Certo, se guardiamo in faccia la realtà, non possiamo
certamente nascondere che dopo avere faticato in Coppa Italia per passare il
turno ai rigori contro un Genoa privo dei suoi titolari e poi aver giocato in
campionato contro un Bologna che se avesse pareggiato allo stadio Grande Torino
nessuno avrebbe gridato allo scandalo, allora c’è davvero da riflettere bene su
ciò che veramente fa tendere i nervi tesi, i quali incrinano il rapporto tra
tifosi e società. Certo, è brutto assistere dopo una vittoria e dopo l’inno
cantato da Valerio Liboni “Ancora Toro”, vedere la squadra che non va sotto la
curva Maratona ad assorbire il calore dei suoi tifosi. E’ come essere separati
in casa. E mentre Cairo e Mazzarri restano fermi sulle loro posizioni -
imperterriti a dare risposte sul campo - a “rimetterci” in tutta questa
confusione di offesi in casa granata sono proprio i calciatori, i quali hanno
vinto a Roma contro i giallorossi, hanno superato il turno di Coppa Italia e
hanno vinto contro il Bologna in campionato senza tuttavia risollevare gli umori
della tifoseria. Eppure, nel girone di ritorno dell’anno scorso si era creata
una tale alchimia tra tifosi e squadra, che lasciava ben sperare per il futuro.
Evidentemente nulla è per sempre, visto che nel calcio le cose cambiano
repentinamente nel momento in cui si razionalizzano lunghi momenti
insufficienti per il calcio che conta. Detto ciò, e per il bene del Toro, l’augurio
è che si possa allentare la corda tesa e carica di esasperanti situazioni che
non fanno bene a nessuno e, soprattutto, non portano da nessuna parte.
Salvino
Cavallaro
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