S’infrange contro il muro tedesco il sogno europeo a lungo cullato e inseguito dalla Juventus. Torino e l’Italia calcistica bianconera ringraziano comunque la propria squadra, uscita tra gli applausi dallo Juventus Stadium che, per una notte, è stato teatro di calcio ad alto livello. Ma, in verità, gli applausi dei tifosi sono sembrati intrisi d’amarezza per quello che avrebbe potuto essere e non è stato. Troppo forte questo Bayern Monaco che con sicurezza e cinica lucidità ha inflitto alla squadra bianconera un secco 0 a 2 che parla da solo. La Juve dovrà aspettare ancora qualche anno per riconquistare la Coppa dalle grandi orecchie, perché così com’è strutturata adesso non è sufficiente per reggere il confronto con le grandi realtà calcistiche europee. “Il divario tra le grandi società calcistiche d’Europa e l’Italia, è ancora troppo netto dal punto di vista dei valori economici e degli investimenti. Penso che le squadre italiane dovranno attendere ancora qualche anno prima di poter rivincere la Champions League”. Così si è espresso Antonio Conte subito dopo la partita. E, in effetti, il tecnico bianconero ha fatto una lucida disamina del gap esistente tra alcune delle più importanti società europee e le migliori realtà calcistiche italiane. Bisogna lavorare molto, non solo sotto l’aspetto tecnico-organizzativo ma, soprattutto, sul fronte del patrimonio economico e dei relativi investimenti delle società stesse. E’ evidente che l’Inter di Moratti, il Milan di Berlusconi, la Juve di Agnelli, non rappresentano più come un tempo la forza economica e finanziaria del pallone italiano, tanto è vero che anche loro trovano grandi difficoltà ad allinearsi ai grandi club europei. Per crescere in modo esponenziale, sarebbe opportuno seguire il modello tedesco del Bayern, una società strutturata in una maniera tale da vincere in bundesliga con sei giornate d’anticipo e di essere costantemente tra le primissime forze europee. Certo, questo discorso ci potrebbe portare molto lontano e comunque a disquisire su temi di carattere politico-sociale ed economico-finanziario che da anni investono l’Italia e tantissime aziende di vario settore che danno segni di allarmante agonia. Ma, l’azienda italiana del pallone, pur nella sua tenuta economica tutto sommato ancora stabile rispetto ad altri settori in decadenza e, nonostante l’apporto del merchandising, dei diritti televisivi e degli sponsor, risulta ancora troppo fragile rispetto al confronto con alcune potenze europee. Una crisi che rispecchia fedelmente ciò che è l’attuale sistema economico del nostro Paese. Tuttavia, ritornando a temi più tecnici relativi alla partita Juventus - Bayern, possiamo dire che nel primo tempo i bianconeri hanno tenuto a bada i bavaresi i quali, ben messi in campo e attenti a chiudere tutti gli spazi, si sono limitati a un pressing alto e asfissiante, in grado di non fare ragionare la squadra di Conte, risultata evanescente nel tentativo di impensierire il portiere Neuer. Nel secondo tempo i tedeschi salgono in cattedra, ed il palo colpito da Robben è stato premonitore di ciò che sarebbe accaduto da lì a poco, quando il Bayern su ennesima azione di ripartenza andava in gol con Mandzukic. Una doccia fredda per la Juve che, fino a quel punto, sperava ancora in qualcosa di possibile-impossibile privo di ogni fondamento logico. Poi, il raddoppio finale di Pizzarro entrato in campo in sostituzione di Mandzukic, ha chiuso definitivamente ogni residua speranza. Finisce così l’attesissimo match fra la Juventus e il Bayern, una partita che fin dalla vigilia aveva più il sapore dell’emozione e della speranza, piuttosto che la reale consapevolezza di poter continuare il cammino in Champions tra le migliori quattro squadre d’Europa. Noi riteniamo che allo stato attuale delle cose, per questa Juventus è già stato un traguardo importante l’aver raggiunto l’obiettivo di appartenere al novero delle migliori otto squadre d’Europa. Poi si può fare ogni tipo di discorso, anche quello legato all’eterno qualunquismo calcistico ancorato a quel si dice che “Il pallone è rotondo e, come tale, tutto è possibile”. Un’affermazione che è troppo speso l’enfasi della banalità più pura. Ma questo, francamente, non può trovare fondamento nell’analisi concreta tra le differenze tecniche reali emerse tra squadre che sono lo specchio delle società di appartenenza, della loro forza economica e organizzativa.
Salvino Cavallaro
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