LA SAMPDORIA SALUTA IL SUO PRESIDENTE


Sampdoria
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22/01/2013 -

Appena avrà sbrigato le pratiche burocratiche, lassù, probabilmente si godrà le gesta degli anni d’oro con Vialli e Mancini o quelli vissuti in prima persona della sua Samp che sfiorò la Champions League. Nato il 23 gennaio 1936, Riccardo Garrone è mancato all’età di 76 anni a pochissime ore dal suo compleanno. Già sponsor della Sampdoria con la Erg, l’azienda di famiglia, negli anni ottanta e novanta, nel 2002 ne è diventato presidente e al suo primo anno ha ottenuto la promozione in Serie A. La migliore stagione in blucerchiato è stata quella del 2009-10, quando la Samp arrivò quarta in A raggiungendo la qualificazione ai preliminari di Champions: quella ai gironi sfumò contro il Werder Brema e al termine di quella stagione arrivò anche la retrocessione in B. La Samp è poi ritornata subito in A. Ma ora vive una fase di crisi sportiva, navigando in brutte acque di classifica e con Delio Rossi subentrato prima di Natale a Ciro Ferrara. Avrebbe certamente voluto andarsene con la sua amata Doria in un momento migliore, il presidentissimo che amava la chimica e la scienza e che in molti hanno definito l’ultimo grande mecenate del calcio moderno. Il lutto, in tutto il mondo blucerchiato e calcistico in generale è stato evidente sin dalle prime ore dal decesso di Garrone. Che intorno a sé ha lasciato strali di buon senso ed educazione, di reale pacatezza e signorilità. Per questo, il più in crisi per la notizia sarà forse Antonio Cassano. Garrone fu indispensabile nella gestione di Cassano", ha ricordato Beppe Marotta, a lungo dirigente nella Samp. Era il 2007 quando il talento di Bari Vecchia tornò in Italia accolto a braccia aperte dalla famiglia Garrone. Soliti piagnistei, ottime prestazioni in campo poi il black out. Ad ottobre 2010, un martedì come tanti altri, accadde l'incredibile. "Vorrei venissi con me a Sestri Levante per il premio Rete d’argento. Basta che lo ritiri, puoi anche non fermarti a cena”, chiese il presidente a Cassano. Che rispose “No. Io a Sestri Levante non ci vengo”. Da queste parole nacque una lite furibonda. Una ferita che Garrone forse si è portato dentro negli anni successivi. Perché Cassano era quasi un figlio. Ed un padre, così amorevole, non meritava questa mancanza di rispetto. Avrà modo di lustrarsi gli occhi, ricordando gli anni d’oro di una Samp che non era sua, ma che poi era diventata parte integrante della sua vita. Con gioie e delusioni, cadute e risalite. Ma sempre col garbo di un uomo di sport, come ormai non ce ne sono più.

Gabriele Cavallaro

 

IlCalcio24 Redazione