Era quello che ci
voleva per questa Roma. Luciano
Spalletti, il tecnico toscano che sta mettendo a posto la squadra e l’ambiente
giallorosso. Piace il suo modo di sussurrare verità talora scomode, impopolari
per lui, ma concrete sotto l’aspetto di un progetto che deve per forza di cose
badare all’essenziale, cioè alla vittoria, alla scalata in classifica e alla
crescita della squadra. La sua intelligenza non solo di stratega tattico, fa sì
che riesca a dare anche un tocco di psicologia applicata al calcio. E non gli
importa se va ad urtare inconsapevolmente la suscettibilità dell’ambiente
romanista, quando lascia in panchina il capitano Totti. Non è un’offesa contro
la grandezza del giocatore che resta pur sempre legato a uno storico passato,
ma è più semplicemente badare al sodo, mettendo il cervello prima ancora del
cuore. “Io alleno la Roma, non soltanto
Totti. Il mio obiettivo sono i risultati e scelgo in base a questi, non sulla
base della storia di un calciatore. Rispetto moltissimo la sua storia e le sue qualità, ma io penso ai risultati”.
Parole di grande chiarezza che non vogliono mettersi contro nessuno, più
semplicemente fanno capire una logica inconfutabile che è legata al tempo che
passa. Spalletti sta lavorando per
costruire il futuro immediato della Roma e lo sta facendo con molto ordine,
accortezza, precisione certosina. Gli allenamenti quotidiani parlano chiaro,
danno la dimensione su come si possa e si debba fare affidamento su un gruppo
coeso che deve avere una sua identità ben precisa. E non è un caso se la sua
cura sta facendo poco per volta l’effetto sperato, visto che la Roma sta
risalendo lentamente le posizioni in classifica che le competono. Questo allenatore
è deciso, ha carattere, si prende tutte le responsabilità, ma non vuole
apparire un sergente di ferro, più semplicemente desidera apportare armonia tra
tutto il gruppo, convincendo coloro i quali volta per volta sono destinati alla
panchina, che non è una bocciatura ma è l’attesa di un momento che può arrivare
da un momento all’altro, basta farsi trovare preparati dal punto di vista
fisico e mentale. Soltanto remando tutti per lo stesso obiettivo, si crea
armonia, si fa spogliatoio e in campo si vedranno i risultati. Se questa non è
psicologia applicata al calcio, allora che cos’è? Riteniamo davvero che Luciano Spalletti sia l’allenatore
giusto al posto giusto. Intelligenza, arguzia e sprazzi di sensibilità si
intersecano ai toni che non sono mai sopra le righe. E’ la qualità dell’uomo
che si associa all’esperienza del tecnico e alla sua signorilità nel difendere i
suoi predecessori, quando parla di Garcia per il lavoro fatto alla Roma e il
rammarico per non avergli dato il tempo di ultimare ciò che era la sua idea da
apportare per il bene della squadra. Egli difende a spada tratta anche altri
colleghi allenatori che sono stati esonerati come Rafa Benitez, passando da
Luis Enrique ai tempi in cui è stato allenatore della Roma. Ma il suo
allenatore preferito è Carletto Ancelotti, per lui un maestro e un grande
amico. Parla così, semplicemente, sempre a bassa voce, sia che si trovi in
conferenza stampa o davanti alle telecamere. E quando è in panchina non ha mai
atteggiamenti di “vendetta” ma si sgola il giusto,richiamando questo o quel
giocatore che non ha tenuto la posizione corretta in campo. In questo momento c’è
Dzeco da recuperare sotto il profilo
psicologico e Spalletti sta lavorando da tecnico, ma anche da amico e fratello
maggiore. E intanto ci si prepara ad affrontare il Real Madrid di Cristiano
Ronaldo. Senza paura ma con la consapevolezza che questa Roma non parte battuta
in partenza, avendo il 50% delle possibilità di passare il turno. E’ la convinzione
dettata da un’autostima ritrovata, assieme ad un’aria nuova che si respira in
casa giallorossa, fin dal momento in cui è entrato Luciano Spalletti. Galantuomo
e tecnico di grandi vedute.
Salvino
Cavallaro
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