Il derby di Torino si è intriso di molte motivazioni romantiche e di poca bellezza di gioco. Una partita tutto sommato equilibrata che non ha espresso i canoni di un gioco piacevole, ma, sicuramente, ha evidenziato grande intensità. E, quando tutto faceva supporre la reale spartizione dei punti in palio, sul finire del match la Juventus ha avuto un’impennata di otto minuti di furore agonistico che gli è valsa la vittoria, grazie a una rete di Vidal e poi di Marchisio. Il Toro ha messo in campo tutta la sua anima, il suo smisurato orgoglio, ma non è bastato di fronte alla superiorità tecnica dei bianconeri. Per i granata è davvero un peccato non aver portato a casa un punto che gli sarebbe servito a migliorare la sua non più tranquilla posizione di classifica. Già, un punto che, tutto sommato, sarebbe anche stato meritato, visto che la squadra di Ventura ha saputo contenere in maniera ordinata gli attacchi di una Juventus che, in verità, non è mai sembrata così volitiva nel desiderio di vincere la partita. D’altra parte, la squadra di Conte non aveva alcun interesse a forzare le proprie azioni di gioco poiché già con il Palermo bisserà probabilmente il suo secondo scudetto dell’era Conte. Tuttavia, un derby è sempre un derby e tutti vorrebbero vincerlo per l’importanza che ha. A Torino il cielo è plumbeo, carico di pioggia, così come si conviene al periodo storico della leggenda granata legato a quel 4 maggio 1949, in cui l’aereo che portava a casa il Grande Torino capitanato da Valentino Mazzola si schiantò contro Superga. Bella la cornice delle due curve, ed è fantastico vedere la cromatura spettacolare delle due opposte fazioni, ispiratrici di storie diametralmente opposte. La partecipazione emotiva è alle stelle. La partita comincia sotto il diluvio, ma il terreno dell’Olimpico di Torino sembra contenere egregiamente l’acquitrino. Al fischio d’inizio prevale l’equilibrio tra le due squadre che danno l’impressione di studiarsi a vicenda. Il Torino è pimpante e volitivo e, sotto la pressione del tifo granata, imbastisce con Cerci e Santana alcune occasioni da gol che sono davvero apprezzabili. Poi, superato il quarto d’ora iniziale, la Juventus alza il suo baricentro e, fino al termine della prima parte di gioco, si nota una maggiore insistenza dei bianconeri sotto la porta difesa da Gillet. Un solo acuto per il Torino al 42’ con Santana che da fuori area lascia partire un tiro che mette in seria difficoltà Gigi Buffon. Poi, nella ripresa, al 55’ il Toro sostituisce Meggiorini con Jonathas per cercare una più valida alternativa in attacco. Ma è la Juve che continua ad spigere in avanti, prima con Lichsteiner e poi con Asamoah, i due esterni di fiducia di Conte che, in realtà, sono apparsi un po’ stanchi e lontani dal loro standard abituale. Intanto, al 73’ la Juve sostituisce Lichesteiner con Caceres e Vucinic con Quagliarella, mentre il Toro cambia D’Ambrosio con Di Cesare. E, quando la partita sembra avviata verso lo 0 a 0, ecco che all’86 la Juve va in vantaggio con Vidal il guerriero che da fuori area inventa uno dei suoi soliti tiri imparabili di destro che l’hanno reso famoso. Nulla da fare per Gillet, ma la difesa del Toro non avrebbe dovuto dare l’opportunità all’avversario di tirare in porta con tale facilità. Entusiasmo alle stelle per gli juventini che esplodono in un’irrefrenabile, legittima gioia. Al 90’ il direttore di gara signor Bergonzi applica 4 minuti di recupero e la Juve ne approfitta per sostituire l’esausto Asamoah con Peluso. E, da lì a poco, raddoppia la Juve con Marchisio su sponda di Quagliarella. E’ l’apoteosi juventina che ora vede lo scudetto a un solo punto da conquistare. Facile pensare che già domenica prossima contro il Palermo, la Torino bianconera potrà abbandonarsi ai festeggiamenti di rito. Intanto, sul finire della partita, è espulso Glik per somma di ammonizioni. Il Torino e la mitica curva maratona, pur nell’amarezza della sconfitta, dimostra ugualmente l’orgoglio e tutto il suo attaccamento alla squadra granata, applaudendo in segno di ringraziamento per quello che avrebbe potuto essere e non è stato. Alla squadra di Ventura non si può certo rimproverare il mancato impegno, ma adesso urge conquistare i quattro punti necessari alla salvezza. Milan, Genoa, Chievo e Catania sono alle porte.
Salvino Cavallaro
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