SANDRO MAZZOLA, “LA JUVE? NON LA CONOSCO….”


Dopo avere intervistato Pietro Anastasi per
sapere il suo parere sul prossimo Derby d’Italia, per par condicio abbiamo
voluto ascoltare anche Sandro Mazzola, una grande bandiera nerazzurra che
ancora oggi è l’emblema di un calciatore e di un dirigente che ha scritto
pagine importanti della storia dell’Inter. Figlio di Valentino Mazzola, Sandro è
considerato uno dei più grandi calciatori di tutti i tempi. Nelle fila del’Inter
ha giocato dal 1960 al 1977, collezionando 565 presenze e 158 reti, vincendo
quattro campionati nazionali, due Coppe dei Campioni e due Coppe
Intercontinentali. Mazzola è stato anche uno dei punti di forza della Nazionale
Italiana. Oggi è un ottimo opinionista ed un attento critico dell’Inter, che
ama ancora come quel primo giorno in cui ne è entrato a far parte.
Mazzola, che
idea si è fatto di questa Inter?
“A me non dispiace. E’ una squadra che va al
sodo e sa anche quando affondare i colpi per andare a vincere.”
Le piace Gagliardini?
“Aspettiamo un attimo a valutarlo. A me piace
e non credo che deluderà le aspettative.”
Lei che ha
conosciuto fattivamente l’operato della famiglia Moratti, pensa che Suning
potrà nel tempo ambire a vincere gli stessi allori?
“Io penso di si. A parer mio stanno lavorando
bene, per cui ritengo che nel tempo questa Inter potrà tornare a conquistare grandi
trofei.”
Dopo l’errore
di dare la squadra all’olandese De Boer, pensa che con Stefano Pioli si sia
finalmente trovato l’allenatore giusto per ritornare ad essere una grande
Inter?
“Pioli mi sembra un allenatore molto valido.
Lui sa quando è il momento di dare lezioni ai giocatori e quando è opportuno
rincuorarli. Mi piace davvero come sta portando avanti il suo lavoro.”
Senta Mazzola,
ricordo perfettamente che nelle sue recenti interviste, fin dai tempi in cui tutti
criticavano l’operato di Mancini e poi di De Boer, lei ha sempre sostenuto che
bisognava avere pazienza e dargli tempo per lavorare. Oggi, col senno di poi, è
ancora convinto della tesi sostenuta allora?
“Per me, quella è una regola fissa dalla
quale non si può prescindere. Chi ha fatto calcio sa che per costruire una
buona squadra ci vuole del tempo, e quindi anche i giocatori devono capire bene
certi meccanismi voluti dal proprio allenatore.”
Dal punto di
vista tecnico, pensa che la squadra sia già a posto così o ritiene che ci sia
ancora bisogno di qualcosa?
“Secondo me va bene così. Non vedo proprio dove
possa essere ritoccata questa Inter, che sembra avere imboccato la strada
giusta.”
Quindi, la
ritiene già pronta per un eventuale ritorno di partecipazione alla Champions
League?
“Sicuramente!”
Come vede l’incontro
di domenica prossima contro la Juve?
“Non conosco quella squadra! Ma che squadra
è? A parte gli scherzi, penso che sarà una partita che potrà dire la verità
sull’Inter. A mio modo di vedere la squadra di Pioli deve dimostrare di
confermare la qualità e quella personalità che ha messo in mostra nelle recenti
partite, anche contro una squadra come la Juve che di personalità ne ha da
vendere. Penso che dopo la partita potremo sapere dove può arrivare questa
Inter.”
Insomma, un po’
come dire che si tratta di un banco di prova che per l’Inter arriva al momento
giusto?
“Secondo me, sì. E’ proprio il momento
giusto!”
Ha un
ricordo particolare legato alle sue innumerevoli sfide giocate nel Derby d’Italia
contro la Juve?
“Si, ricordo bene quella mia prima partita
contro la Juve. L’Inter era in testa alla classifica e dopo fu penalizzata per
motivi che adesso mi sfuggono. In quel momento andò in testa la Juve, mentre
nel frattempo c’era da recuperare una partita, perché c’era stata un’invasione
di campo a Torino. Intanto, l’Inter aveva perso dei punti in classifica e non poteva
più vincere lo scudetto. A questo punto la dirigenza dell’Inter, per smacco,
decise di fare andare a giocare i ragazzi contro la Juve a Torino. La partita
si giocò di sabato, ma io dovevo andare a scuola e quel mattino ricordo pure
che avevo tre interrogazioni. Andai quindi alla sede dell’Inter per parlare con
l’allora direttore generale Italo Allodi. Quando gli dissi che per quel motivo
non sarei potuto andare a giocare contro la Juve, lui mi propose che si sarebbe
interessato per farmi uscire dopo la terza ora. Ricordo che parlai con il
preside dell’istituto per informarlo dei fatti, e quando alla terza ora di
lezione di quel sabato, dissi al professore di matematica che dovevo uscire,
lui che era abituato a farmi fare la schedina nella speranza di vincere, mi disse
di mettere la vittoria dell’Inter, perché la mia presenza in campo sarebbe
stata una garanzia di vittoria. Magari! Esclamai al mio professore, dopo averlo
salutato per uscire di scuola. Così, dopo questo siparietto, raggiunsi i miei
compagni che erano già a Torino. Ecco, questo è un ricordo che non rimuoverò mai
dalla mia testa. Forse perché è coinciso con la mia partita contro la Juve.”
Mazzola,
cosa le piace del calcio di oggi e cosa non le piace più?
“Mi piace molto il modo di giocare che hanno
oggi tutte le squadre. Una volta si giocava molto in difesa cercando le
ripartenze in contropiede. Adesso, invece, si cerca di fare calcio attraverso
la cultura del gioco propositivo. Quello che invece non mi piace è questa mania
di protagonismo dei giocatori che ambiscono all’esteriorità dell’immagine, più
che alla sostanza. Tanti fanno a gara per andare in televisione, mentre sarebbe
più opportuno allenarsi pensando di lavorare e far bene.”
Spesso si fa
appello ai corsi e ricorsi storici. Ma sarebbe ancora proponibile il calcio di
Helenio Herrera?
“Assolutamente no. Era un calcio che badava
molto a difendere, anche se Giacinto Facchetti è stato il precursore di un
ruolo di esterno sinistro, che ancora oggi potrebbe essere inserito in uno
schema tattico moderno.”
Per finire,
Sandro. Qual è il suo pronostico su Juventus –Inter di domenica prossima?
“Penso a un pareggio, perché l’Inter ha la
possibilità di controbattere bene le velleità della Juve.”
Salvino
Cavallaro