“All’interno di un gruppo di lavoro deve scoccare la scintilla, deve nascere quella chimica senza la quale le cose non funzionano. Forse, nel caso di Zeman, è mancato qualche elemento”. A parlare è l’allenatore della Roma Aurelio Andreazzoli ai microfoni di “Radio Anch’io Sport” in onda su Rai1. In questo modo si gode i due successi consecutivi, prima sulla Juventus e poi a Bergamo contro l’Atalanta. Andreazzoli è stato chiamato dalla società giallorossa a sostituire Zeman e lo sta facendo in maniera egregia. Ascoltando alla radio le parole del tecnico giallorosso, ci è venuto in mente lo stesso intendimento calcistico che è di mister Antonio Venuto, un tecnico forse ancora sconosciuto alle grandi platee del football nazionale ma non a chi, come noi, è abituato a vedere e scrivere di calcio a tutti i livelli. Venuto è allenatore dell’Hinterreggio, squadra che partecipa al campionato di Lega Pro in seconda divisione del girone B. Ma, se guardiamo il calcio sotto il profilo della cura e della competenza nell’amministrare il proprio gruppo di lavoro, ci accorgiamo che pur con il necessario distinguo del livello di categoria di appartenenza, ci sono fattori molto simili che uniscono in maniera radicale il rapporto tra allenatore e squadra. Seguiamo l’operato di mister Venuto ormai da un anno, fin da quando si è laureato a pieni voti a Coverciano durante l’ultimo corso allenatori di prima categoria assieme (tra gli altri) ai più illustri Roberto Baggio e Davis Mangia. Il suo è un percorso di notevole esempio e forza caratteriale, nel voler riuscire attraverso il calcio a realizzare certe filosofie che portano inevitabilmente a risultati vincenti. Egli, come Andreazzoli, parte dal fatto che il calcio è un gioco di squadra e, come tale, deve essere inteso come coordinamento, buona gestione e armonia di gruppo. Poi si può disquisire quanto si vuole sui più disparati schemi tattici da mettere in atto in base alle caratteristiche tecniche dei propri calciatori, ma se non si parte dalla buona relazione con il proprio gruppo composto da 15 o 18 atleti, non si va da nessuna parte. Un po’ come dire che tutto ciò che un allenatore impara teoricamente attraverso i migliori testi calcistici di tutti i tempi, servirebbero a poco se non messi in pratica attraverso i buoni rapporti con i propri calciatori e dalle motivazioni che si riescono ad infondere all’interno del gruppo stesso. Si tratti di titolari o di riserve, non ci deve essere nessun distinguo di preparazione tecnico tattica e atletica e neanche di stima reciproca. E’ un modus perfetto che mette in evidenza il buon rapporto tra uomini, prima ancora che tra atleti. Andreazzoli, al contrario di Zeman, pur essendo sconosciuto al grande pubblico (ricordiamo che egli è stato per anni al servizio del settore giovanile della società giallorossa e poi allenatore della Squadra Primavera) ha colto immediatamente ciò che mancava a questa Roma che aveva poco di umano. Con il suo avvento, si è modificato il sistema tattico attraverso migliori accorgimenti difensivi e, soprattutto, si è creato un gruppo motivato, umile e coeso, capace di ottenere risultati eccellenti. E’ successa la stessa cosa all’Hinterreggio, allorquando è stato chiamato mister Venuto a migliorare il rendimento di una squadra che appariva allo sbando e che stazionava pericolosamente in fondo alla classifica di Lega Pro. Oggi, dopo pochi mesi dal suo avvento sulla panchina dei calabresi, la squadra ha raggiunto un’ottima posizione di classifica con l’aggiunta di aver apportato nello spogliatoio una serie di motivazioni in grado di creare quell’armonia, quell’entusiasmo e quell’autostima necessarie per il raggiungimento di ottimi risultati. Sembra tutto facile, ma non è così. Sì, perché sia Andreazzoli che Venuto, pur partecipando a un calcio di categoria differente, sono accomunati prima di ogni altra cosa dal profondo senso di cura e migliore gestione delle proprie risorse umane. Bello vedere i calciatori abbracciare il proprio allenatore dopo un successo ottenuto sul campo. E’ l’emblema dell’idem sentire di gruppo, un segreto che nasce attraverso le mura di uno spogliatoio, prima ancora che sul rettangolo di gioco. Questo è successo domenica scorsa allo stadio di Bergamo, così come è avvenuto al Granillo di Reggio Calabria dopo il successo dell’Hinterreggio contro l’Arzanese. Si dirà che si tratta di un calcio diverso anche dal punto di vista economico, ma certe intime emozioni provocate dalle vittorie di gruppo, non distinguono il pallone di serie A neanche da quello tra dilettanti. In fondo il calcio è bello per questo, perché sa riconoscere il lavoro, la concentrazione, la fatica, ma anche l’unione di gruppo. Questo l’hanno capito bene, sia mister Andreazzoli che mister Venuto.
Salvino Cavallaro
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