Il mondo del calcio professionistico è spesso in contraddizione tra quelli che sono i valori umani e gli iperbolici interessi economici per i quali si contraddistingue. Tuttavia, nel lungo percorrere la storia negli annali dei calciatori del pallone che conta, abbiamo conosciuto campioni, uomini e situazioni che sono andati al di là di ciò che l’immaginario collettivo riesce a individuare soltanto attraverso analisi superficiali e minimaliste. Rolando Bianchi, centravanti del Torino con 76 gol all’attivo e decimo nella speciale classifica dei marcatori granata di tutti i tempi, è con tutta probabilità giunto al capolinea della sua esperienza al Toro. Eppure, nonostante non abbia le caratteristiche da vero fuoriclasse nel puro senso della parola, Bianchi per il Torino è stato il capitano e il giocatore leader, dal carisma più spiccato rispetto alla media del gruppo. Lui, meglio di altri, ha saputo incarnare i veri valori di una storia particolare e intensa dal punto di vista emotivo, che appartiene al mondo granata. Una realtà che spesso si interseca tra considerazioni di calcio vero, inteso dal punto di vista tecnico e agonistico, ed una più ampia sequenza di storie che s’intrecciano tra l’umano, il sociale e il politico di una città, Torino, che da sempre è stata divisa tra mondo industriale e realtà popolare. Ebbene, Rolando Bianchi in tutti questi anni di permanenza granata ha percorso la storia del Grande Torino con intelligenza, cercando di riportarla ai nostri giorni almeno nei sentimenti. Per questo lui resta un uomo particolare, uno che difficilmente sarà dimenticato dal popolo granata che, pur non avendolo sempre esaltato come calciatore, ne ha da sempre riconosciuto il valore intrinseco dell’uomo. Cinque anni difficili ma belli, cinque anni in cui lui si è riconosciuto nel popolo granata e i tifosi del Toro si sono rivisti in lui nel proseguire una tradizione che non conosce mode e neanche il trascorrere del tempo. Un’alternanza di sentimenti reciproci che va oltre il semplice apprezzamento per il calciatore che, pur con tutti i suoi limiti tecnici, ha saputo scavare l’anima della curva maratona che ha riconosciuto in lui il capitano capace di tutelare lo spirito gagliardo del tifoso granata doc, da magnifico interprete della passione granata per il Toro. Rolando Bianchi, attraverso la sua sensibilità si è fatto amare e qualche volta anche odiare solo per alcuni sbagli tecnici emersi sul campo ma non certo per il suo comportamento fuori dal rettangolo di gioco. Un campione integro dal punto di vista etico, che ha capito di essere arrivato al traguardo di una meravigliosa storia che lo ha legato affettivamente, più che dal punto di vista professionale. Non ha alzato al cielo né coppe e né scudetti per questo sanguigno Toro, certamente il cuore l’ha sempre buttato oltre l’ostacolo, anzi, più precisamente, l’ha donato alla sua curva Maratona e a tutto il popolo granata; su questo non ci sono dubbi di sorta. Il calcio dai tanti milioni di euro è anche questo, romantico o no è fatto da uomini, con le loro legittime aspirazioni contrattuali ma anche con le loro passioni che, talora, affondano tra le pieghe di un’anima fragile e sensibile. Questo è Rolando Bianchi, il capitano di un Toro che non lo dimenticherà facilmente.
Salvino Cavallaro
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